Cosa vuole (davvero) l’ideologia del genere?

Ritornano le ideologie con lo stesso piglio arrogante del passato. Una di queste è il gender, che pretende di riscrivere la natura umana. La Cei si oppone. L'editoriale di don PRIMO SOLDI

Ritornano le ideologie con lo stesso piglio arrogante del passato, e la stessa presunzione scientifica, che a ben vedere di scientifico non ha proprio nulla. Emblema della deriva ideologica dell’Occidente è la lettura ideologica del genere – una vera dittatura – che vuole appiattire le diversità, omologare tutto fino a trattare l’identità di uomo e donna come pure astrazioni. Si è chiesto il cardinale Bagnasco nella sua prolusione al Consiglio permanente della Cei: vogliamo fare della scuola dei ”campi di rieducazione” e di ”indottrinamento”? La considerazione è tanto più amara se si pensa all’età dei ragazzi che non hanno ancora gli strumenti culturali per rispondere a queste provocazioni. I genitori hanno ancora il diritto/dovere di educare i loro figli o ne saranno esautorati? I figli, ha affermato il cardinal Bagnasco, non sono materiale da esperimento. I genitori non si facciano intimidire! I tre volumetti intitolati Educare alla diversità a scuola approdati nelle scuole italiane istillano nei bambini giudizi preconcetti contro la famiglia, la genitorialità, la fede religiosa, la differenza tra padre e madre, parole che si vorrebbero eliminare; “…Non possiamo non ricordare il grave pericolo che deriva dallo stravolgere o disattendere i fondamentali fatti e principi di natura che riguardano i beni della vita, della famiglia e dell’educazione”.

Proviamo a ragionare su questi temi in modo pacato, laico e onesto. Che cosa c’è in ballo in questa nuova ideologia? Io penso che in fondo è la stessa concezione della scienza che viene manipolata o addirittura ignorata, tanto che, quando la moda passerà (perché di moda si tratta) quelli che verranno dopo di noi e dovranno ricostruire sulle macerie della nostra civiltà, come fece San Benedetto, si chiederanno: ma quella fu vera scienza? E ora vi racconto un episodio, un esempio di quella che è la scienza vera, la passione vera alla conoscenza della realtà secondo la totalità dei suoi fattori. Si tratta di un’iniziativa intrapresa da ben sette anni da studenti e docenti dei licei scientifici Sant’Anna di Torino e di Roma, gestiti dalle Suore di Sant’Anna, congregazione fondata dai Servi di Dio Carlo Tancredi e Giulia di Barolo. 

Da sette anni, dicevo, stanno proponendo ai loro compagni e a tutta la città la “Tre giorni della scienza”. La mostra, esposta nei locali del liceo di Via Massena 32 a Torino, quest’anno ha come titolo: Dal noto all’ignoto. Solo la passione apre alla conoscenza. La prima parte del titolo – come ci racconta il rettore professor Enzo Arnone – è tratta dal saggio di Ugo Foscolo Dell’architettura del carme in cui il poeta spiega gli elementi che hanno ispirato il suo poemetto Dei  sepolcri.

Quello di farci passare dal noto all’ignoto è il compito della scienza che dai dati dell’esperienza ci conduce all’ignoto. È la realtà incontrata come mistero, come diceva Einstein, che genera stupore, domanda e incessante passione alla ricerca. E l’hanno capito bene i ragazzi che hanno organizzato questa mostra. Dice Maria Vittoria: abbiamo cercato il motore che ci ha spinto a fare tutto questo: lasciarci colpire, ferire dalla realtà perché la passione viene dal verbo patire. È questa la molla del dinamismo conoscitivo. La cultura dell’età moderna si costituisce sul dogma del distacco tra ragione e affezione, su un’idea di ragione senza interferenze del cuore. Ma in realtà l’impeto verso la conoscenza è mobilitato dalla passione e dal desiderio e qui il prof. Arnone, dantista appassionato, cita: ”La sete natural che mai non sazia/ se non l’acqua onde la femminetta/ Samaritana domandò la grazia” (Purgatorio, 22, vv. 1-3).

Dice Alessandra: questa tre giorni l’ho vista crescere negli anni sempre più partecipata da noi studenti; siamo noi che scegliamo gli argomenti e anche le persone che vengono a parlare, ad esempio ho conosciuto i fratelli Collavino dell’impresa che ha costruito la Freedom Tower a New York. Gli argomenti spaziano dall’archeologia alla fisica, dalla neurochirurgia all’impresa di Umberto Raspini; ci siamo collegati con Paolo Bellotta da Houston che lavora presso il Jet Propulsion Laboratory in California; altri invitati illustri sono l’astronauta Luca Parmitano, Franco Malerba, Marcello Maddalena procuratore della Repubblica, e altri, tutti testimoni di una passione che − dice Maria Vittoria − ci aiutano anche nella scelta e nell’orientamento in vista dell’università. Per Marco Ferraris questi giorni sono il modo migliore per incontrare persone che ci stupiscono per la passione che hanno nella loro professione. Ad esempio, non ci basta visitare un museo di archeologia, siamo interessati a conoscere come sono stati scoperti questi tesori, il percorso che ha portato al rinvenimento di questi reperti.

Dagli occhi di questi ragazzi si intravede una curiosità per ciò che sta al fondo della realtà. Ho seguito con loro la stupenda lezione di Aldo Bonomo, giovane collaboratore della Nasa, che si dedica allo studio dei pianeti extrasolari o esopianeti. Sono rimasto tutto il tempo a bocca aperta e continuavo a pensare: questa si che è la vera scienza. Noi piccoli esseri che pretendiamo di stravolgere tutto viviamo su un piccolo pianeta roccioso che si chiama Terra tra cento miliardi di galassie. Veramente tutto nasce dallo stupore che la realtà suscita in noi e che svela sempre qualcosa di assolutamente nuovo. Scorrono sul grande schermo del teatro le parole del docente, di Carlo Rubbia e di Albert Einstein.

Per dirla con Carlo Rubbia: “La più grande forma di libertà è quella di potersi domandare da dove veniamo e dove andiamo. Non esiste forma di vita umana che non si sia posta questa domanda. E non c’è forma di società umana che non abbia cercato in qualche modo di darvi una risposta. Credo che tutto ciò faccia parte di un nostro bagaglio etico. […]  E poiché tutti noi pensiamo che il nostro essere uomini sia qualcosa che ci mette al di sopra di tutti gli altri esseri viventi sulla terra, per forza dobbiamo anche pensare che siamo stati fatti a immagine di qualcosa di ancora più importante di noi. È difficile non crederci, quasi impossibile. È addirittura inevitabile. Talmente inevitabile che penso sia scritto dentro di noi”. E ancora: ”La cosa più incomprensibile dell’universo è che esso sia comprensibile” (Einstein). Terminata la conferenza partono a raffica le domande dei ragazzi: ci sono forme di vita su altri pianeti? Quando è comparsa la vita sulla Terra? Ci sono pianeti in una zona abitabile?

È evidente come  l’incontro con uomini appassionati alla propria professione e dediti alla propria vocazione rilanci i ragazzi nella curiosità e nel bisogno di conoscenza vera, non ideologica della realtà. 

Questa è vera scienza.

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