La grande questione politica

In Spagna si avvicinano le elezioni politiche. Sembra che il dibattito interessi di più i cittadini. E anche Cl ha voluto dire la sua con un manifesto. FERNANDO DE HARO

Le elezioni che si terranno domenica in Spagna potrebbero avere come colonna sonora la canzone di Bob Dylan “The Times They Are a-Changin’”, con il suo invito sempre valido: “Come writers and critics / Who prophesize with your pen / And keep your eyes wide” (“Venite scrittori e critici / Che profetizzate con la vostra penna / E tenete gli occhi ben aperti”). La comparsa di nuovi partiti ha fatto sì che la campagna elettorale sia più interessante di altre volte.

Non è facile smuoversi dalla pigrizia ideologica che evita la complessità e che si accontenta di soluzioni semplicistiche. Occorre una certa apertura per distinguere, tra il bianco e il nero, i diversi toni di grigio. Per la prima volta dopo tanto tempo i dibattiti politici vengono seguiti con interesse e si parla delle proposte dei diversi partiti. C’è conversazione. Sembra che Comunione e Liberazione abbia voluto essere parte di questo processo con un manifesto che ha reso pubblico in vista del voto. Si intitola “La persona al centro della politica”.

Lo scorso marzo papa Francesco ha dato alcuni suggerimenti a questo movimento ecclesiale. Uno di questi ricordava, con le parole di Luigi Giussani, che “il cristianesimo non si realizza mai nella storia come fissità di posizioni da difendere, che si rapportino al nuovo come pura antitesi; il cristianesimo è principio di redenzione, che assume il nuovo, salvandolo”. Probabilmente il testo del manifesto nasce da questa indicazione.

Si parla quasi di tutto. Forse per questo quelli di CL assicurano che “siamo davanti a un’occasione privilegiata per riflettere sulle questioni più urgenti che riguardano la nostra società”. I ciellini non hanno voluto limitarsi a dare indicazioni di voto. Sarebbe stato legittimo, ma forse adatto a un altro tempo, sicuramente meno ricco. Tra le righe sembra intuirsi il desiderio di cominciare un dibattito nazionale e proporre alcuni contenuti della propria esperienza. Sicuramente questo approccio è quello che Francesco ha in mente quando dice: “Noi dobbiamo avviare processi, più che occupare spazi”. Vedremo a cosa porterà.

Una realtà cattolica potrebbe indicare direttamente chi votare o selezionare alcuni criteri che, indirettamente, lascino capire quale partito considera sia meglio sostenere. Si potrebbe, per esempio, dire che per una maggior libertà di educazione sarebbe meglio appoggiare il Partido popular, così da mantenere le opere educative della comunità cristiana. Forse questo darebbe più sicurezza. Tuttavia gli svantaggi sarebbero più dei vantaggi. Si potrebbe perdere qualcosa che la Chiesa spagnola ha fatto bene durante la Transizione: non raccomandare un voto concreto (ma l’opportunità di educare alla responsabilità personale, anche in politica). Si potrebbe perdere coscienza del fatto che la sicurezza non la dà il potere politico, ma quel che si riesce a costruire nella società. Si perderebbe, certamente, indipendenza.

Siamo in Spagna e i cattolici hanno già sofferto troppi abbracci da diversi “orsi”, tra cui quelli europei (occidentalismo nel dopoguerra, progressismo negli anni ‘70 e ‘80, liberalismo agli inizi dei Duemila, ecc.) La Spagna di oggi non è come quella di un decennio fa o di tre anni fa. L’apertura religiosa è a sinistra e a destra, al centro, sopra e sotto. Identificarsi con un partito vuol dire perdere capacità di apertura, “capacità di differenza”. La questione tocca il cuore di ciò che si intende per presenza cristiana, che è stato dato per scontato in troppe occasioni. Giussani, il fondatore di CL, diceva che la Chiesa dà testimonianza non perché ha una rete di scuole o un canale tv, ma perché è una realtà diversa dalle altre.

Cosa CL introduce di particolare in questo processo nuovo che sta vivendo la Spagna? Dovranno dirlo i suoi membri. Al passante che lo leggerà, il manifesto darà tre suggerimenti. Quelli di Comunione e Liberazione vogliono parlare del significato. Affermano che la questione del significato, a lungo censurata, è una categoria politica, la grande categoria politica, la più concreta, quella che determina tutto. Una proposta indubbiamente rischiosa, perché la questione religiosa, formulata in maniera molto diversa rispetto a quanto fatto nella storia recente del Paese, si presenta come quella capace di spiegare i grandi problemi. “Parliamo di tutto, anche di quello che c’è dentro tutto”, sembrano dire quelli di CL. Non è certamente un suggerimento di partito.

Dalla prima categoria se ne deducono altre due: la capacità di valorizzare l’altro come un bene e il protagonismo sociale. Un protagonismo che si è reso evidente durante la crisi.

 

P.S.: Nel manifesto si parla di corruzione, di sussidiarietà, del grido dei poveri, della sostenibilità ambientale, delle riforme istituzionali, della libertà educativa… Numerosi criteri di voto che lasciano aperta la questione. Sembra che ai ciellini sia piaciuta la complessità.

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