L’altra faccia dell’Italia

Oggi è un giorno importante per Pompei. Viene inaugurata, dopo i lunghi restauri che l'hanno riguardata, la Palestra Grande. Le narrazioni negative non devono prevalere. GIUSEPPE FRANGI

Oggi, anche se l’informazione relegherà la notizia in un colonnino, è un giorno importante per Pompei. Viene inaugurata, dopo i lunghi restauri che l’hanno riguardata, la Palestra Grande, una delle strutture più importanti e meglio conservate della città campana sepolta dall’eruzione dell’anno 79.

È un quadrilatero di 140 metri su 110 di lato, con 133 fusti di colonne disposti su tre lati. Si può pensare che la notizia possa essere d’interesse solo per gli specialisti, invece è una notizia su cui riflettere perché ci fa capire che Pompei non è solo il luogo dove qualche sindacato prepotente obbliga i turisti ad aspettare fuori dai cancelli la fine dell’assemblea. Quest’anno il sito archeologico più importante d’Europa sta viaggiando su numeri record di visitatori (a giugno, ultimo dato per ora reso noto, sono stati 350mila, con un più 47mila sul 2014). Alla sua guida c’è Massimo Osanna, un sovrintendente molto attivo e indubbiamente capace di gestire una situazione complessa come questa. Un uomo che il 23 luglio scorso, davanti all’assemblea non preannunciata, non ha esitato a chiamare in campo gli archeologi e il personale Ales (quello con contratti a tempo determinato) per aprire al più presto i cancelli rimasti chiusi, limitando così il ritardo a un’ora e un quarto. 

Ma soprattutto Pompei in questi tempi recenti è stata al centro di intelligenti operazioni di rilancio, a partire dalla grande mostra tenutasi al British Museum di Londra nel 2013, con centinaia di migliaia di visitatori. E c’è da pensare che l’attuale incremento di ingressi sia spiegabile ancora come ricaduta del successo di quella mostra. Attualmente al Museo Archeologico di Napoli è aperta un’altra mostra dedicata all’impatto che la scoperta di Pompei ebbe su tutta l’arte europea: una mostra che ha conquistato spazi su tutta la stampa internazionale. Mentre da pochi giorni a Milano, nell’ambito delle iniziative culturali per Expo, è stata inaugurata un’altra mostra di grande impatto e fascino sul tema Mito e natura, in cui ancora una volta Pompei e la sua sovrintendenza giocano un ruolo centrale.

Ma torniamo al fatto del giorno. La Palestra Grande non è infatti un luogo come tanti altri nella topografia pompeiana. Come scrisse nel 1939, all’indomani del ritrovamento della palestra, Antonio Maiuri, il grande sovrintendente di Pompei durante gli anni del fascismo, si tratta di «una gran parata di 133 colonne su di un podio sopraelevato, intorno a un gran campo erboso, ombreggiato un tempo, come mostrano i cavi e le impronte delle radici, da un doppio filare di piante … Al centro del campo, una grande piscina da nuoto; da uno dei lati, infine, i servizi igienici; una grandiosa fórica che lo scarico della vasca da nuoto, regolato dall’impianto di una saracinesca, doveva alimentare di acqua corrente».

Insomma un luogo spettacolare, che da oggi accoglierà un ritrovamento altrettanto spettacolare, gli affreschi di Moregine, portati alla luce nel 1959 durante i lavori per l’autostrada Napoli-Salerno. A Moregine vennero ritrovati gli ambienti di quello che doveva essere un vero e proprio albergo per marinai: infatti era in prossimità dell’antica foce del fiume Sarno. Gli affreschi sono stati studiati da Mario Torelli, grande archeologo, premio Balzan nel 2014;  sino ad ora erano conservati in ambienti della sovrintendenza ma non visibili. Invece si tratta di pareti elegantissime, decorate con la dominante del rosso pompeiano e con figure delle Muse e di un Apollo Citaredo.  

A Pompei i problemi non mancano di sicuro e in un certo senso non mancheranno mai. Ma Pompei è anche vittima di una narrazione molto ad effetto e del tutto unilaterale. Forse sarebbe il caso di iniziare a documentare, anche con la dovuta enfasi, cosa di importante si sta facendo a Pompei e per Pompei. Anche perché le competenze in campo sono del massimo livello e tutto il mondo ce le invidia. 

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