Due figli dello stesso male
La truffa di Volkswagen ha un curioso parallelo in un’altra truffa, quella di Martin Shkreli, il giovane industriale che ha moltiplicato di 55 volte il prezzo di un farmaco. SERGIO LUCIANO

“L’avidità, non trovo una parola migliore, è buona, l’avidità è giusta, l’avidità funziona, l’avidità chiarifica, penetra e cattura l’essenza dello spirito evolutivo. L’avidità in tutte le sue forme”: dicono che sia la 57esima battuta più celebre della storia del cinema, questa di Michael Douglas-Gordon Gekko in Wall Street, il film di Oliver Stone che nell’87 scolpì definitivamente nella roccia la figura dello speculatore senza scrupoli e senza freni, che tanti esempi concreti avrebbe dato al mondo nelle successive crisi finanziarie, fino all’ultima, quella del 2008-2009. Spesso la “fiction” anticipa e viene superata dalla realtà.
Riflettiamoci: avidità illimitata rivelano infatti sia il caso, clamoroso, della Volkswagen — notizia per antonomasia, l’uomo che morde il cane, il rigore tedesco che si trasforma in truffa internazionale; sia quello, concomitante, di Martin Shkreli, il giovane industriale farmaceutico americano che in una notte ha deciso di moltiplicare di 55 volte, da 13,50 a 750 dollari, il prezzo al pubblico del suo farmaco salvavita Daraprim, risolutivo contro la toxoplasmosi.
Queste due vicende choccanti — la seconda a ben vedere anche più della prima, perché si tratta non solo di truffa ma di vita delle persone — sono figlie legittime dello stesso male: il capitalismo senza regole. La libera iniziativa che prevarica sulla legge. A 26 anni dal crollo del Muro di Berlino e all’indomani della conclamata capitolazione di Cuba, l'”alternativa di sistema” rappresentata per decenni dal comunismo è archeologia. E allora l’economia di mercato, il capitalismo, meritatamente vincente in questo scontro di civiltà durato settant’anni, non hanno più né contrappesi né freni inibitori. Questo genera il pericolo dell’arbitrio, della sfrenatezza, dell’avidità.
Si devono sempre osservare delle regole: quelle della coscienza individuale dell’imprenditore e del manager, innanzitutto, Ma quando questa coscienza è sporca – e capita da sempre, e capiterà sempre di più, essendo saltati i freni – occorrono le regole della legge, coscienza collettiva che si fa obbligo, che diventa diritto di controllo e possibilità di sanzione. Al bando, insomma, gli iperliberisti: di leggi c’è bisogno, non bastano gli animal-spirits a moralizzare il mercato.
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