Donald, Hillary e la strage nascosta

Si muore sempre di più per abuso di sostanze mediche mentre la dipendenza dall'eroina cresce vertiginosamente. Questa è l'America che Trump e la Clinton ignorano. GIORGIO VITTADINI

Mentre la campagna elettorale più imbarazzante della storia americana sta giungendo al termine, i due candidati alla Casa Bianca non sembrano più di tanto preoccupati della vera emergenza che affligge il Paese. Aumento dei suicidi, stragi continue, impennata della tossicodipendenza: l’America è in balia di una crisi profonda.

Cosa sta succedendo? Le risposte sono diverse, ma affondano comunque in quel “male di vivere” che sta da tempo mettendo alla prova la società americana e di cui ci siamo già occupati altre volte.

Le morti per overdose, soprattutto di oppioidi ed eroina, dal 2000 sono cresciute del 200 per cento. Le dosi letali di queste sostanze sono la prima causa di decesso sotto i 44 anni, una volta e mezza il numero di chi muore per incidenti stradali e ha riguardato 500 mila persone tra il 2000 e il 2014. 

Il Centers for Disease Control and Preventional (l’agenzia federale che coordina il settore sanitario americano), diffondendo questi dati, ha spiegato anche cosa c’è dietro a numeri così drammatici. Non si tratta più, come una volta, degli emarginati dei ghetti, dei reduci della guerra in Vietnam, di ex hippie vagabondi. Oggi si muore di eroina nelle “pink houses”, le casette rosa simbolo del ceto medio, nei corridoi di scuole e università o in automobile con il figlio di pochi mesi seduto nel seggiolino posteriore. Sono  467mila le persone  dipendenti dall’eroina mentre  il  numero delle vittime di overdose è aumentato del 161 per cento, secondo una ricerca effettuata dalla Yale School of Medicine di New Haven.

E’ impressionante che la tossicodipendenza sia aumentata anche per le eccessive prescrizione di antidolorifici da parte dei medici di famiglia. Sembrerebbe che l’uso di oppioide sia solo legato alla giusta necessità di alleviare il dolore  in caso di  tumori terminali e malattie molto dolorose. In realtà  nell’errata convinzione, a suo tempo sostenuta dalla comunità scientifica e dalle case farmaceutiche, che questi medicinali non provocassero dipendenza, i medici di base hanno a lungo prescritto questi farmaci anche per una questione culturale: non è concepibile rischiare di provare neanche il minimo dolore.

Quando l’amministrazione Obama ha finalmente iniziato a introdurre restrizioni, le persone hanno cominciato a cercare alternative con l’eroina o con oppioidi al mercato nero. L’uso di farmaci a base di oppiacei, come l’ossicodone, composti chimici psicoattivi che producono effetti farmacologici simili a quelli della morfina dal 1999 a oggi si è quadruplicato. I media americani parlano di “epidemia” che non risparmia neanche i giovanissimi.Questa campagna elettorale lo ha fatto vedere a tutto il mondo: il re è nudo. L’America se non ritrova le grandi motivazioni ideali che ne hanno posto le fondamenta, si merita personaggi di cartapesta come Donald Trump e Hillary Clinton. Ma dietro le luci della ribalta cresce ogni giorno di più una strage nascosta.

 Il numero dei ragazzi dai 15 ai 19 anni che è andato in overdose di antidolorifici è aumentato tra il 1997 e il 2012 del 176 per cento Secondo i dati del National Institute on Drug Abuse l’abuso e la dipendenza da oppioidi interessa oggi circa due milioni di persone. E’ per via di uno di questi oppioidi, il Fentanyl, usato per anni come antidolorifico che, lo scorso aprile, Prince, uno dei massimi protagonisti della musica moderna, ha perso la vita a 57 anni. 

Si è visto quindi come  mentre l’uso di oppioidi serve ad alleviare la sofferenza, il loro   abuso, come l’uso di eroina serve a nascondere in qualche modo il dolore che non è solo fisico, ma riguarda l’anima. 

Nel caso dei minorenni, si legge nella ricerca della Yale School of Medicine, l’uso dell’eroina e degli oppioidi è legato a tentativi di suicidio alla cui base c’è uno stato depressivo. Si tratta per la maggior parte di ragazzi bianchi del ceto medio e alto. C’è da porsi profonde domande su cosa siano diventati la famiglia americana e il sistema dell’istruzione, quali valori, quale progetto educativo sia rimasto se i loro figli a 15 anni cercano la morte.

In un Paese che ancora oggi stampa sulle banconote il motto “In God we trust” e dove, prima di ogni evento pubblico come una partita di baseball, ci si alza in piedi con la mano sul cuore a cantare God Bless America, di Dio probabilmente è rimasta solo la sua assenza o una icona-fantasma intrisa di moralismo e paternalismo.

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