Scontro treni, la giustizia non basta
Il disastro della ferrovia Bari Nord sconvolge e ferisce. Assicurare i colpevoli alla giustizia è necessario, ma ancor più importante è la società che si commuove. SALVATORE ABBRUZZESE

Il disastro della ferrovia Bari Nord sconvolge e ferisce. Accanto al dolore cresce l’indignazione, per più di qualcuno la rabbia. Il colpevole non ha ancora nome né volto: verrà certamente rintracciato. Magari si scoprirà che sono più di uno, e poi si risalirà rapidamente ai lavori mai fatti, ai sistemi obsoleti, alle mille iniziative mai approdate. Ma ci basterà sapere nomi e cognomi dei responsabili? Ci basterà conoscere le responsabilità primarie e secondarie? Ci basterà intercettare gruppi, congreghe, errori di sistema e incapacità di spesa? Ci basterà perseguirli? Certo, dobbiamo farlo, ed ogni tragedia non può transitare sotto i nostri occhi senza che quanti hanno peccato di ingenuità o di negligenza, o di tutte e due le cose insieme, paghino pesantemente, assieme a quanti, benché responsabili, hanno ignorato il degrado e le mille tragedie sfiorate fino ad oggi.
Eppure nemmeno questo ci basta. Un consesso civile non è solo la luce della giustizia. Esso è anche la mesta ma decisa presenza della carità, dello stare accanto, del fare compagnia. Economicamente, ma anche e soprattutto, affettivamente: con la condivisione, l’amicizia, la fratellanza. Una società degna di questo nome è anche questo. Occorre stare accanto ad ogni singolo componente lasciato orfano, occorre saper compatire e saper essere vicino ad ogni singolo sopravvissuto.
La notizia che i pugliesi siano andati a donare il sangue in massa, al punto tale da indurre le autorità a invitare i donatori a restare a casa, dà prova proprio di questo. Giuseppe Frangi, sul sussidiario di ieri, l’ha colta come il segnale di un’umanità viva che, anziché fermarsi al pur legittimo recriminare e correre dietro a quello che sarà il prevedibile rimando delle responsabilità, fa ciò che è nelle sue corde: si pone accanto a chi sta soffrendo, attraverso il gesto più semplice, immediato e vitale al tempo stesso che ci sia: quello di donare il sangue.
Ci sono momenti in cui la sensibilità umana emerge in misura sovrabbondante e lo fa nelle occasioni più diverse. Risalendo con la memoria non si possono non recuperare altri episodi di commozione corale. È il caso dei parigini che, il 29 novembre dello scorso anno, dopo essere andati a depositare fiori e candele sotto la statua della Marianne in Place de la République per le vittime del Bataclan, sono andati a ricomporli, dopo che i giornalieri della rivoluzione in servizio permanente effettivo erano passati a devastare lumi e fotografie, ricordi e oggetti simbolo. Ma è anche il caso della folla oceanica che, tra il 6 ed il 7 aprile del 2005, ha invaso Roma per rendere omaggio alla salma di un Papa, incolonnandosi per file impossibili.
È sempre il cuore di un’umanità incrollabile che rinasce costantemente, che insiste ad esserci e, in casi come quello che si sta producendo sotto i nostri occhi in Puglia, va oltre la testimonianza di commozione e di rispetto per realizzare una prossimità radicale, creando la relazione più profonda che si conosca, quella del dono del proprio sangue. È sempre e costantemente la rinnovata pietas ad attivarsi, cioè l’insieme di amore, compassione e rispetto che, oggi come ieri, muovono il cuore dell’uomo. Una società che si commuove ed ha compassione, e lo fa attraverso il cuore dei volontari, ma anche presentandosi in massa, all’improvviso davanti alle porte dei centri Avis, sorprendendo tutti. Una società che vorremmo sempre presente, vorremmo sempre viva e attiva.
Tuttavia nulla di più ingenuo che considerarla come una società a sé; magari da contrapporre ad un’altra, fatta di indifferenza e di disinteresse. L’eterna tentazione di riscrivere i confini culturali e morali a partire dai quali è possibile rintracciare la prima ed evitare la seconda è sempre presente. Il facile gioco delle dicotomie è sempre a portata di mano. In realtà, al di là dei due estremi che certamente esistono, è sempre la stessa società a farsi viva: peccatrice ed eroica al tempo stesso; rinunciataria e pronta ad impegnarsi oltre misura, ogni volta che riconosce con chiarezza dove sia il bene.
In Puglia ha preso corpo questa scintilla di pietas, questa meravigliosa dignità umana che fa impallidire qualsiasi logica di interesse. Saperla intercettare e riconoscere, attivare e sostenere è il miglior modo di riconciliarsi con la vita, dinanzi a tanto dolore.
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