Dio non spara sulla folla

Il demonio induce a credere che il Signore non sia giusto: "A uno diede cinque talenti, a un altro due, a un altro uno". Perché non cinque a tutti? MARCO POZZA

Fidarsi è verbo di sicurezza: “Mi fido di te, sento di potermi fidare”. Affidarsi è verbo di confidenza: “Mi affido alla tua discrezione”. E’ pagamento di riscatto: “Mi affido alle tue mani; tu mi riscatti, Signore, Dio fedele (Sal 30,6). L’opposto della confidenza è il guardarsi-bene: il verbo di chi diffida, di chi dubita. Il volgo sostiene che “fidarsi è bene, non fidarsi è meglio”, il Dio di Nazareth rovescia il proverbio, fa brillare l’ennesimo paradosso: “Fidarsi è bene, affidarsi meglio”. Si fida, dunque si affida: “Avverrà come un uomo che, partendo per un viaggio, chiamò i suoi servi e consegnò loro i suoi beni (Mt 25,14-30). Capita sempre così con Lui: la gestazione è di Dio, l’allevamento dell’uomo. A Dio la creazione, all’uomo la coltivazione: il primo e il secondo tempo dell’avventura di quaggiù. “Una mano lava l’altra” dice la gente. E’ davvero proprio così: la redenzione — il terzo tempo dopo la creazione e la coltivazione — è il sogno per cui Dio è venuto al mondo.

Quando parte — “Poi partì” — mica è per disinteresse: un Dio menefreghista è la fiaba melensa che adora quel cantastorie di Lucifero. Si può anche partire per amore di qualcuno: per una famiglia da saziare, per un sogno da inseguire, per una storia d’andare a scovare. Per partire, poi, mica è necessario andare lontano: basta anche spostarsi da una stanza all’altra, fare due passi indietro, scostarsi a bordo strada. 

“Partire” è verbo di allargamento: mi sposto e ti lascio strada-libera, tocca a te. Prendi in mano tu la tua vita, adesso. C’è chi parte per interesse, per disinteresse, per far-partire: “Finché non vai a casa i bambini non prenderanno sonno” diceva la nonna alla mamma quando ci accompagnava al mare. Eppure ci voleva bene, tanto bene: ma era solo la sua lontananza che ci permetteva di diventare lentamente più grandi, un po’ meno piagnucoloni, forse un pizzico più indipendenti. Partiva la mamma: ed era tranquilla perché si fidava della nonna. Ci affidava alla nonna: ci sono persone che somigliano ai paesini di montagna, vicoli stretti, dove è ancora usanza lasciare le chiavi appese alla porta. Porte di case piene zeppe di fiducia.

A uno diede cinque talenti, a un altro due, a un altro uno. Senti la voce di Lucifero? “Vedi che fa preferenze, non è uno giusto. Perché non ne ha dato cinque a tutti?” — insinua. Esattamente perché è giusto: “Secondo le capacità di ciascuno“. Dio non getta a caso, non spara sulla folla, non ha tesori da gettare alle ortiche. La sua fiducia è materia di atelier d’alta moda: tutto è su misura, storie e progetti fatti-a-mano. Per Lui affidare è parte in causa del riscuotere: ti affido quello che puoi fare, non ti chiedo l’impossibile, pare troppo ma sarai capace. Mi fido di te, dunque potrai!

E’ materia fanciulla la fiducia: quando i bambini prendono per mano, già capisci di chi hanno scelto di fidarsi. Dio prende per mano. Di più: si mette nelle tue mani. S’affida a te, ti affida Lui stesso: “Fammi conoscere agli uomini!” Dio è materia-di-scambio per cuori. Possederlo è l’unico modo per perderlo, lasciarsi possedere è condizione di ricchezza spropositata: “Colui che aveva ricevuto cinque talenti, andò a impiegarli, ne guadagnò altri cinque“. Anche l’altro: due-per-due. Il terzo no: ricco di un talento — il massimo che le sue spalle potevano reggere — lo nasconde. Non è egoismo, è cosa peggiore dell’essere avari: nutre paura, tanta. Esattamente di chi gli accredita fiducia: “Ho avuto paura, sono andato a nascondere il tuo talento sotto terra: ecco ciò che è tuo“. 

Il padrone non aveva avuto paura di rischiare la fiducia in lui, lui temette d’affidarsi alla sua fiducia: “La fiducia è la sola cura conosciuta contro la paura” (L. K. Sadler). Fuoco, fiamme: “Toglietegli il talento e datelo a chi ha dieci talenti“. I maliziosi si salvano, di farabutti sono pieni gli scantinati del cielo, le prostitute danzano in fronte a Dio: tutta gente slabbrata, però professante fede nel Dio della gioia. Il Dio della paura è dannoso, è frutto della malizia di Satana: sogna di far morire l’uomo nuovo di zecca. Il contrario di Dio, che ai coraggiosi accredita cifre da capogiro: “Prendi parte alla gioia del tuo padrone“. Il guadagno della gioia.

Nei Vangeli scavare buche è allenarsi a scavare tombe. A morire di paura.

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