La Cina punta sulla Lombardia: e l’Italia?

Il 45% degli investimenti cinesi in Italia sono in Lombardia: dove anche gli acquisti di Inter e Milan hanno risposto a precise strategie-Paese. L'Italia deve accelerare. GIANNI CREDIT 

Il primo derby milanese a proprietà cinese è coinciso con la ripartenza del Pil del Dragone (+6,9% su base annua alla fine del primo trimestre 2017). Se la Cina resta la locomotiva del Pil mondiale, l’economia lombarda produce il 22% di quello italiano: e fin dal 2014 traina la difficile ripresa nazionale. Anche nel biennio 2017-18 (qundo il Pil lombardo dovrebbe riportarsi ai livelli del 2008) la crescita in Lombardia avrà ritmi più accelerati rispetto a quelli del Paese.

E’ in questa macro-area che il sistema-Cina ha concentrato il 45% dei suoi investimenti in Italia: ormai superiori ai 20 miliardi, secondo le ultime rilevazioni. Che ancora non comprendevano le acquisizioni di Inter e Milan e che sarebbe sbagliato catalogare fuori dalla voce “investimenti strategici”: La pre-candidatura di Pechino per i Mondiali di calcio 2030, anzitutto, marca una direttrice geopolitica paragonabile all’era delle Grandi Modernizzazioni di Deng Xiaoping, simbolicamente coronata dalle Olimpiadi 2008. In secondo luogo i due club di San Siro sono da sempre strutturali nell’Azienda-Milano e hanno una radice comune – all’inizio del ‘900 – nei campi sportivi della Pirelli alla Bicocca. Quella stessa Pirelli che ChemChina ha recentemente acquisito per 7 miliardi: un’operazione di livello assoluto in Europa, dove Pechino ha ormai portato i suoi investimenti verso la soglia dei 50 miliardi all’anno.

Dentro alla Pirelli, il colosso pubblico cinese non ha trovato solo i pneumatici della Ferrari, ma standard di innovatività paragonabili a quelli di un gruppo leader nei pesticidi come Makhteshim, acquisito in Israele; o come della norvegese Elkem nei siliconi. Attorno alla Bicocca – attorno a San Siro – i cinesi hanno trovato una civiltà economica in cui si riconoscono. L’avessero trovata a Taranto, probabilmente non avrebbero ripiegato sul Pireo per investire su un hub portuale assai più periferico nella Ue. E l’Ilva, forse, sarebbe già in sicurezza. 

L’Inter senza la famiglia Moratti e il Milan senza la famiglia Berlusconi cesseranno indubbiamente di essere ciò che invece il Bayern Monaco resta in Baviera: un “patrimonio regionale” di un sistema economico che, non per caso, sta dando segni di preoccupazione e resistenza verso il dinamismo cinese. Ma nerazzurri e rossoneri non saranno neppure un giocattolo di lusso di una famiglia regnante del Golfo: come il Manchester City o il Paris Saint Germain. Si ritroveranno prevedibilmente ad essere due delle 200 aziende a controllo cinese (metà del totale italiano) che in Lombardia danno lavoro a 10mila persone. Una delle iniziative più recenti è anche una delle più ambiziose: il Centro Ingrosso Cina di Agrate Brianza, con i suoi 400 negozi è il più grande outlet di prodotti orientali in Europa. E’ nato sui ruderi di un’industria chimica: la Cina, a Milano e in Lombardia non sarà mai solo l’acquirente del marchio Krizia.

Qualcuno, forse, preferirebbe il contrario: che gli investimenti cinesi prediligessero l’immobiliare, come da parte di altri sistemi-Paese. Oppure vorrebbe che le uscite allo scoperto al 2% nei capitali di Eni, Generali, Intesa Sanpaolo fossero davvero scomparse dietro la nuova soglia segnaletica Consob del 3 per cento. Invece la partnership fra Milano/Lombardia e la Cina è ormai un fatto: non ancora del tutto compiuto – con ampi margini di crescita e profili da definire – in un mondo in cui i nuovi protezionismi stanno moltiplicando rapidamente i valori delle relazioni economiche non speculative, che guardano al lungo periodo. Come lo è ad esempio anche il Salone del Mobile a Shanghai.

E altrove in Italia? Il polo tessile di Prato viene da un’altra epoca e da un’altra storia. E gli interventi in Ansaldo Energia da parte di Shanghai Electric oppure nell’emiliana Oli Spa (elettronmeccanica) o nell’abruzzese LFoundry (elettronica) appaiono importanti ma singoli. L’Italia è ormai per la Cina il terzo mercato d’investimento europeo, dopo Gran Bretagna e Germania. Può avvicinarsi ai leader, scalare la classifica. Milano – dopo l’Expo e in corsa per l’Agenzia Ue del Farmaco – farà certamente la sua parte. Se anche gli altri la fanno i risultati possono essere importanti.

Ti potrebbe interessare anche

Ultime notizie

Ben Tornato!

Accedi al tuo account

Create New Account!

Fill the forms bellow to register

Recupera la tua password

Inserisci il tuo nome utente o indirizzo email per reimpostare la password.