La biondina in circonvallazione

"Con la fine della scuola (e, forse, i primi turni di ferie degli autisti) diminuisce la frequenza dei filobus e, così, mi è più comodo andare al lavoro in auto". PIGI COLOGNESI

Con la fine della scuola (e, forse, i primi turni di ferie degli autisti) diminuisce la frequenza dei filobus e, così, mi è più comodo andare al lavoro in auto. Del resto, anche il traffico è decisamente più fluido rispetto ai mesi precedenti e tutto sommato si viaggia abbastanza tranquilli. Qualcuno stressato e dalla guida nervosa, comunque, c’è sempre. L’altra mattina questo qualcuno era una qualcuna che a bordo di una utilitaria blu, di cui non ricordo la marca, leggermente avanti a me sui viali a tre corsie della circonvallazione procedeva con continui scatti e tentativi di infilarsi a destra o a sinistra in modo da presentarsi in pole position al successivo semaforo. Non sono riuscito a guardarla in faccia: era comunque una giovane biondina che immaginavo dal viso un po’ teso, ma comunque carina.

In uno dei suoi tentativi di farsi largo, la biondina scatta sulla corsia di sorpasso e accelera d’impeto; senonché si trova davanti un’auto che, appena sbucata da una via laterale, procede molto lentamente. La biondina suona per chiedere di passare, ma l’altra vettura (ho fatto in tempo a vedere che è guidata da un signora anziana) non si sposta. Dopo qualche decina di metri, poco prima del semaforo, l’auto lumaca, senza mettere la freccia, svolta a sinistra lasciando finalmente libero il passaggio alla biondina; ma ormai il semaforo è rosso. Mentre freno anch’io per fermarmi, sento uscire dall’auto della biondina, che ha i vetri leggermente abbassati, una prevedibile imprecazione: “Cretina!” urla all’anziana dalla guida lenta. Fin qui l’epiteto mi sembra, non dico adeguato e lecito, ma tutto sommato comprensibile. “Cretino” — come noto — deriva dal provenzale crétin e ultimamente dal latino christianus; all’inizio indicava soltanto il “povero cristo”, la persona un poco debole di mente e dura di comprendonio e solo successivamente ha assunto un denso contenuto dispregiativo. Certamente quello che intendeva la stressata biondina, che ora comincio ad immaginare non più così carina.

Sto pensando che non vale la pena prendersela così tanto con un’anziana guidatrice (che fortunatamente sarà anche un po’ sorda e quindi non avrò inteso l’insulto), quando dall’abitacolo dell’auto della biondina esce un altro grido: “Maledetta!”. Oibò, questa mi sembra veramente pesante. Infatti poi sono andato a verificare sul vocabolario. L’espressione ha due sfumature: “Che tu sia maledetta” è una “imprecazione che sottolinea odio e disprezzo inestinguibile”; “Sei maledetta” è riconoscere una cosa o persona “con rancore irriducibile, come infausta o irrimediabilmente dannosa”. Nell’uno e nell’altro caso, una parola decisamente inadeguata alla situazione in cui è stata pronunciata ed esagerata per la persona a cui è stata rivolta.

Non intendo, a mia volta, metterla giù dura e fare della biondina un mostro o una brutta strega; anche se, pochi secondi dopo aver proferito gli insulti, lei stessa ha svoltato improvvisamente e senza freccia. È che mi sembra sempre un segno allarmante quando le parole sono pronunciate evidentemente senza consapevolezza del loro peso specifico. È grave quando non se ne coglie il contenuto d’odio che veicolano ed è grave perché ciò induce a sospettare che si usino con altrettanta irresponsabile leggerezza anche le parole d’amore.

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