La paura che ci blocca

Il matrimonio oggi è in crisi non per una sfiducia nel matrimonio come tale, ma per la paura di affrontare il male e le sfide che ci sono nella realtà. VINCENT NAGLE

Nella mia parrocchia organizzo un corso pre-matrimoniale di quattro lezioni con annessa assemblea di fine corso. Grazie a Dio il corso è molto frequentato e quindi c’è occasione di interpellare molti fidanzati. Per me è un privilegio enorme poter parlare della grandezza della vocazione come chiamata alla totalità, e condividere con loro la passione di poter offrire la vita per la salvezza del mondo. L’ultima assemblea che abbiamo fatto è stata molto interessante per le domande “toste” poste dai partecipanti. 

Un fidanzato ha fatto una domanda reagendo al tono franco, schietto e poco sentimentale che avevo usato durante le lezioni, insieme alle sfide impressionanti contenute nella testimonianza della coppia sposata che ha contribuito al corso. “Dopo avervi ascoltato non sono così certo di volermi sposare. Avete parlato di sofferenza, delusione, tradimenti, tristezza, perdite ed aborti spontanei. Non mi sento pronto ad affrontare queste cose. Non sono per nulla sicuro di volerle affrontare. Se nel matrimonio ci sono queste cose, allora sto ripensando la questione”.

“La tua obiezione — ho detto — non è al matrimonio in quanto tale. La paura di affrontare il male che c’è nell’umano e le sfide che ci sono nella realtà, l’esitazione davanti al dolore non sono un’obiezione al matrimonio come tale, ma un’obiezione alla vita stessa. Ed è qui il dramma. Dov’è che vuoi andare per nasconderti da queste cose? Dove puoi andare per non essere toccato dalla perdita, dalla delusione e dal tradimento? Non solo, dovresti trovare un luogo in cui nasconderti anche da te stesso, dato che sei probabilmente tu, come capita anche agli altri, la persona più deludente, più traditrice della tua stessa vita. Il male che facciamo noi a noi stessi è spesso più pesante di quello che gli altri riescono a recarci”. 

Sentivo che la mia risposta era forse troppo priva di parole confortanti, perciò ho perseguito in chiave più positiva. “Insomma, cosa è la vocazione? La vocazione è la misericordia del Signore che ci vede in questo mondo di sofferenza e peccato e ci invita a camminare con lui fino in fondo, affinché la vita diventi una strada del suo amore in questa valle di lacrime. Il Signore ci chiama, ci invita ad andare con lui lungo una strada in cui non ci abbandonerà mai, se cerchiamo la sua presenza prima del nostro conforto”.

Notavo che c’era un po’ di sgomento e perciò ho raccontato un aneddoto. Subito dopo la laurea, a poco meno di ventitré anni, avevo poca esperienza del mondo. Venendo da una famiglia povera, non avevamo quasi mai fatto una vacanza, se non la volta che siamo andati a Los Angeles per visitare la nonna. Ma nella vita non avevo visto praticamente niente se non le mie terre. Ciononostante, per motivi personali, avevo firmato un contratto per andare in Marocco e rimanervi due anni a insegnare inglese in un liceo scientifico statale. Nel momento in cui firmavo non ero sicuro nemmeno di dove si trovasse il Marocco sulla carta geografica. Quando mi madre e una delle mie sorelle mi accompagnarono all’aeroporto, stavo davanti al gate (era così tanto tempo fa che ai parenti era ancora permesso di accompagnarti), incapace di salire sull’aereo. Era troppo. Un nuovo mondo, un nuovo lavoro, un nuova lingua, nuove persone, tutto nuovo per me che non avevo quasi mai dovuto o potuto affrontare una diversità simile. Mia sorella mi abbracciò. “Non devi pensare che stai volando in Marocco — mi disse — . Sai, questo stesso volo va solo a Philadelphia. Devi solo pensare di andare a Philadelphia. Poi penserai ad andare a New York. E poi penserai a salire sull’aereo per scoprire cosa c’è in un aereo che va in Marocco, senza pensare di andarci tu. Insomma, fai un passo alla volta. Non devi vivere tutto il peso del futuro adesso. Adesso devi vivere adesso. Scopri cosa ci porta ogni momento per se stesso”. E così ho fatto.

“Lo stesso vale per voi — ho detto a chi mi ascoltava —. Non dovete affliggervi ora per tutti i problemi che possono arrivare. Adesso c’è solo da scoprire la gioia di fare questo passo col Signore, colui che vi ama e vi perdona”. 

Insomma, non è la paura della vocazione che fa sì che pochi si sposino, ma la paura della vita, cioè della morte. Anche a noi tocca quotidianamente: non tanto di affrontare tutto il peso della vita che ci viene addosso, quanto di accettare di fare un altro passo con Chi ci invita a farlo insieme a Lui, fino in fondo, fino alla casa di suo Padre.

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