Il bisogno di perdersi insieme a qualcuno

- Marco Pozza

Gesù sembra volere da noi una vita in perdita. Ma è il contrario. Sono carezze per insegnare all’uomo la vera misura dell’amore

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Battistello Caracciolo (1578-1635), San Giuseppe con Gesù Bambino, particolare

È tutto un vivere in perdita: il padre e la madre, i figli e le figlie, la stessa vita. Quasi che, perdendo, ci fosse in palio la libertà di non dover più dimostrare niente a nessuno. “La troverai la Via – scrisse Tiziano Terzani – se prima avrai avuto il coraggio di perderti”. Perdersi per ritrovarsi, pare questo il segreto che, sotto sotto, abita le pagine del Vangelo: a volte è necessario fare disordine per imparare a fare ordine. “Forse non hai manco bisogno di trovare te stesso – è il concetto di questo Vangelo per me, di Cristo a me –, ma hai bisogno di perderti insieme a qualcuno”.

Qualcuno di maiuscolo, un Qualcuno al cui cospetto tutto il resto ti appaia relativo, minuscolo, dannatamente più piccolo: non per questo insignificante, ma un segno di punteggiatura nella stesura di un romanzo intero. “Chi ama (qualcuno) più di me (…) Chi non prende (…) Chi avrà tenuto per sé (cfr Mt 10,37-42) sono frecce appuntite scagliate da un Dio apparentemente intransigente. Folle.

Sono carezze per insegnare all’uomo la misura dell’amore: tutti i santi han avuto paura di qualcosa, hanno amato qualcosa, hanno perso qualcosa. È una legge che il Vangelo non annulla: meglio aver amato e perso piuttosto che non aver amato mai. Il fatto è che Cristo, allenatore di fuoriclasse, cerca di spingere l’uomo all’amore massimo, di portarlo sul ciglio della disperazione – questo pare causare il tagliare i ponti con gli affetti – per insegnargli la libertà d’amare e, poi, ritornare ad amare ciò che si amava con il cuore più ordinato, le misure affinate, il senso rivelato.

È che per amare, con Cristo, sembra sia necessario prendere una posizione, la qual cosa è un fatto maledetto per l’uomo che, invece, ama lo stare assieme, lo star seduto un po’ dappertutto, la vita disordinata. Cristo lo sa che, a prendere posizione, spesse volte si perde qualcuno. La sua versione è la sua esigenza: “A non prendere nessuna posizione – sembra reagire entrando in punta di piedi nel discorso – a volte si rischia di perdere se stessi”. Dargli torto? Si può, se solo non avesse battuto Lui per primo la strada, ritornando nelle case degli uomini con le cicatrici addosso, i segni sulle braccia di chi ha disboscato un sentiero mai percorso, il fiatone di chi, senz’olio e controvento, ha mostrato il possibile in ciò che tutti dicevano essere impossibile: ritrovarsi perdendosi.

Quand’ero bambino c’era un gioco che amavamo fare a scuola, durante il tempo della ricreazione: “Chi ride per primo, perde!”. Perdevo spesso, era il mio marchio di fabbrica non saper trattenere il sorriso per un premio che manco era mai messo in palio. Mi sentivo – rubo al mio amico Antoine de Saint–Exupéry – come colui che vorrebbe “chiudere l’acqua nelle urne perché si ama il mormorio delle fontane” (Cittadella). Il mormorìo dell’acqua è una materia impossibile da trattenere: occorre accettare il rischio di perderlo nel mezzo di migliaia di voci per imparare a riconoscerlo dentro una foresta di suoni.

“Maltratta i genitori, non ha rispetto di chi nasce sotto lo stesso tetto, ha solo in mente la Croce e la sofferenza” andrà dicendo qualcuno leggendo queste frasi di Cristo sull’amore, appuntite come un ago sulla punta del dito. Il rischio c’è tutto, è insito dentro. Dio, nella vita mia, è sempre apparso come il più grande degli equilibristi: è sull’orlo di un dirupo che l’equilibrio è massimo, e soltanto chi ha abitato gli estremi impara a conoscere l’equilibrio. In materia d’amore e affini più che della castità Cristo si interessa della vastità: un cuore casto ma rabbuiato non vale un cuore rattoppato ma con l’aria fresca sul volto. La castità è come i libri che si vendono allegati ai giornali: dietro trovi scritto che “questo articolo non è vendibile separatamente”.

È la più bella traduzione commerciale di ciò che per Cristo non è affatto commerciabile: l’amore, quello per Lui innanzitutto. La castità (di quell’amore) non è proponibile separatamente dalla vastità del suo orizzonte. Troppo: “E se la vita ci facesse lo sgambetto?” tentiamo la scusante-variante. Mostriamole come si fa a stare in equilibrio, risponde Lui. Mentre brinda con un bicchiere d’acqua fresca in mano.

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