Case, salari, immigrati: quel programma Semaforo
In Germania Spd, Verdi e Fdp hanno siglato un contratto di governo che è molto interessante anche per gli altri Paesi europei

Le 177 pagine del “contratto di coalizione” fra socialdemocratici, verdi e liberali in Germania sono integralmente leggibili per ora solo in tedesco. Ma quando saranno tradotte non sarà comunque male sfogliarle: anche in Italia, anche in Francia, anche a Bruxelles, anche ovunque in Eurolandia. Il primo buon motivo è che a Berlino – la capitale del maggior Paese-membro del’Ue – il programma di governo resiste come atto politico di primo livello: ben più importante e duraturo del discorso del cancelliere per la fiducia al Bundestag. E poi le sintesi diffuse dai media internazionali sono già chiare nel prospettare priorità, equilibri e declinazioni della piattaforma politico-economica del neo-cancelliere Olaf Scholz: che sembrano possedere fin d’ora chance di diventare una matrice valida per l’intera “Europa del Recovery”.
La coalizione “Semaforo” fra Spd, Grunen e Fdp – tutti usciti vincitori sulla Cdu-Csu merkeliana alle elezioni dello scorso settembre – vuole “Osare il progresso” e nasce per promuovere “libertà, giustizia e sostenibilità” per 83 milioni tedeschi. Nei primi due capitoli di un accordo scritto formalmente nel credo europeo sono recepite entrambe le guidelines strategiche del piano Next Generation Eu: la transizione digitale e quella ecologica, oggi riviste in chiave Resilienza e Ripresa post-Covid. Ma appare subito non rituale veder orientata la digitalizzazione – che in Germania è oggi tutt’altro che di frontiera – in tre direzioni. Nell’ordine: “lo Stato e la democrazia” (cioè l’efficienza della Pubblica amministrazione e la libertà-sicurezza digitale dei cittadini); l’incremento degli investimenti (pubblici a leva) in infrastrutture; e, non ultima, l’istruzione superiore, indicata come passaggio cruciale per una società educata alla tecnologia che vuole abbassare a 16 anni l’età degli elettori. “Digitale” uguale “futuro dei giovani (tedeschi, europei”) e loro “education”. NGEu/Recovery significa – per la coalizione “rosso-giallo-verde” – ricostruzione di una “economia socio-ecologica di mercato”, radicata nella tradizione tedesca, non meno che nell’Europa dei Trattati di Roma e Maastricht.
La sfida ambientale è da sempre critica in un Paese storicamente disseminato di miniere e imperniato su settori industriali di livello globale come auto e chimica. La parte più “verde”” del programma Semaforo, però, non mostra reticenze e neppure ideologismi: entro il 2030 la Germania vuole de-carbonizzarsi e migrare verso l’80% di produzione rinnovabile. Vuole rilanciare il trasporto ferroviario (aumentandone il traffico del 25%) e soprattutto vuole vedere circolare sulle sue strade 15 milioni di veicoli elettrici. Nero su bianco.
Ma sono il quarto capitolo e quinto capitolo – dedicati alla Old Economy, cioè alla “economia di sempre” – che paiono caratterizzare il programma in senso pragmatico, cioè non ideologico, su tre orizzonti.
Non può essere considerato ideologico l’impegno a portare il salario minimo orario a 12 euro dai 9,5 correnti: è invece la ricezione sintetica dell’istanza sociopolitica alla riduzione delle diseguaglianze, la più sentita sua scala globale a fine 2021.
È in perfetto equilibrio fra politica economica e sociale l’obiettivo di veder costruire 400mila nuove unità abitative all’anno, con un’attenzione specifica al “social housing”, cioè anzitutto all’accesso alla casa ad affitti compatibili (è stata comunque la linea-guida che ha già consentito di ripopolare Berlino dopo trent’anni di Muro, facendone una capitale europea aperta ai giovani imprenditori e professionisti).
È – not the least – politicamente ambizioso e sfidante la promessa di concedere la cittadinanza (doppia) agli immigrati con permesso da almeno cinque anni. Un percorso di accoglienza sociale – con proiezione geopolitica – che presenta precisi innesti nel sistema industriale e in quello della formazione professionale. La Germania “Semaforo” si dichiara aperta a chi viene da oltrefrontiera già in possesso di qualificazioni al lavoro: o con la volontà e capacità di impararle.
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