America avanti, ma dove?

L'America va avanti: New York realizza progetti, si prepara a eleggere il nuovo sindaco. Avanti, ma avanti dove? E soprattutto: qual è il nostro compito?

MINNEAPOLIS – Sono tornato a New York City dopo quasi un anno. Anzi, più di un anno se considero che gli ultimi mesi di permanenza li avevamo trascorsi da reclusi, asserragliati nella nostra casa di Brooklyn, Bay Ridge. Come tutti. Mettendo il naso fuori dalla porta solo per raccogliere la spesa.

Niente metropolitana, nemmeno un salto a Manhattan “to say goodbye”, per dire arrivederci, per salutare il Village, Central Park, la Fifth Avenue, il Brooklyn Bridge, prima di partire per il Midwest dopo una love story di ventisei anni. Fuori il virus faceva stragi e anche se il resto del paese non ci credeva tutti a NYC pendevamo dalle labbra del Dr. Anthony Fauci, Direttore del US National Institute of Allergy and Infectious Diseases e principale consulente medico del Presidente mentre assistevamo ai suoi scontri verbali a distanza con Donald Trump.

Perché Trump ha sempre considerato le pronunce di Fauci come fonti di inutile allarmismo. Mi ricordo ancora quando l’anziano scienziato paventava l’ipotesi che forse il virus avrebbe potuto portar via fino a 60mila vite umane. Un numero che sembrava impensabile ed agghiacciante. Ora, che siamo quasi a 600mila, Fauci non lo si sente quasi più. È sempre li, al suo posto, rilascia le sue dichiarazioni quotidiane, cerca di rendere ragione di come stanno andando le cose da noi, di quello che sta succedendo in India, in Brasile e nel resto del mondo, ma noi non lo sappiamo perché ai media non interessa ormai più: Trump è stato tolto di mezzo e del virus non vorremmo neanche più sentir parlare, ne abbiamo avuto abbastanza.

Anche New York City, come Fauci e come il virus, l’ho trovata ancora al suo posto, ma anche lei fatica a farsi sentire, fatica a riprendere il respiro tra paure ancora presenti, negozi e ristoranti che hanno chiuso o quasi, businesses in rovina. Anche la Grande Mela ne ha avuto abbastanza e vuole disperatamente riprendere il volo, quel volo che fino ad un anno fa sembrava inarrestabile. Cos’è New York senza milioni di persone per le strade e nei negozi, senza Broadway, senza tifosi al Madison Square Garden e negli stadi, senza turisti e visitatori?

“Riaprire tutto”, per vivere, questo il mantra che aleggia ovunque mentre i newyorkers si apprestano a scegliere il nuovo Mayor, il sindaco che rimpiazzerà Bill de Blasio, uno dei personaggi più incapaci che la città abbia mai avuto come guida. Se l’11 settembre trovò in Rudy Giuliani il condottiero della ripresa (quando ancora Giuliani non aveva perso il lume della ragione), chi saprà costruire negli anni del Covid? Ma soprattutto, costruire cosa?

L’anno scorso, proprio pochi giorni prima di partire per il Minnesota, ero andato con mia moglie a visitare le Hudson Yards, il più recente complesso edilizio e commerciale di Manhattan, sul West Side, proprio a ridosso del fiume Hudson e ad un capo di quella bellissima passeggiata sopraelevata tra i binari industriali che furono chiamati Highline. Hudson Yards, spettacolare Disneyland per adulti fatta di torri, grattacieli, strutture avveniristiche come il Vessel, concourses con negozi di altissimo livello, subway stations dai mosaici scintillanti … Se l’anno scorso tutto ciò mi era sembrato eccessivo (chi sarebbe andato ad occupare quei grattacieli? Chi a far shopping in quei negozi?), qualche giorno fa, quando mi è capitato di passarci nuovamente trovando ancora più grattacieli e cantieri aperti, tutto mi è sembrato palesemente futile, forse anche illusorio. Certo, tutto era stato pensato e progettato prima che il virus strapazzasse le nostre vite, e adesso i progetti di sviluppo delle aree devono riprendere. The show must go on, lo spettacolo deve andare avanti. Bisogna andare avanti. Ma avanti dove? Cos’è che vogliamo costruire? Di cosa c’è bisogno?

Tante infrastrutture, come ha promesso Biden nel suo discorso dei 100 giorni, e tanto intervento statale a metter pezze ovunque?

Riapriamo tutto, non rinunciamo a vivere, ma non lasciamo a infrastrutture, grattacieli e governo la risposta a quella domanda che quest’anno si è fatta così bruciante sul senso del nostro compito su questa terra.

God Bless America!

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