Sanità, il “programma” (teorico) del ministro

Il ministro della Salute ha presentato le Linee programmatiche. Per ora un elenco di temi e di intenzioni senza proposte specifiche. E due grandi assenze

Cosa ci dobbiamo aspettare da questo governo per il capitolo sanità non è ancora ben chiaro: scarse erano le indicazioni presenti nei programmi elettorali dei partiti che hanno dato corpo alla coalizione guidata dalla presidente Meloni e frequenti ma parziali, spesso contraddittorie e soggette a correzioni dopo essere state pronunciate, sono state in questi mesi le prese di posizione degli esponenti apicali del governo (ministro e viceministro, ad esempio).

Con l’audizione del 6 dicembre scorso in commissione Affari sociali e Sanità del Senato le cose cominciano a prendere forma (vedremo nei prossimi mesi se oltre alla forma ci sarà anche la sostanza), perché il ministro della Salute ha presentato le “Linee programmatiche del ministero della Salute”. E di che cosa si compone l’agenda del ministro? Quindici sono i temi trattati, qualcuno in maniera più estesa e qualche altro appena nominato: per ragioni di spazio ne discuteremo solamente alcuni.

Il primo è la riorganizzazione e il potenziamento della medicina territoriale, dando attuazione al decreto n. 77 del 23 maggio 2022 (“Regolamento recante la definizione di modelli e standard per lo sviluppo dell’assistenza territoriale nel Servizio sanitario nazionale”). Qui c’è poco da dire perché, dopo aver riconosciuto che “è necessario intervenire per garantire alle Regioni le risorse necessarie ad assicurare la piena attuazione e funzionalità della riforma”, in quanto “la non congruità delle risorse è stato il motivo che ha reso le Regioni diffidenti nei confronti del nuovo Regolamento sugli standard dell’assistenza territoriale” e che si pone quindi “uno specifico problema di sostenibilità economica della realizzazione delle Case della comunità”, in particolare per quanto riguarda la questione del personale, le linee programmatiche non fanno altro che riportare tal quale il contenuto del Pnrr: nessuna novità, variazione o aggiustamento.

Vi è poi un accenno al tema della riorganizzazione dei processi di gestione delle liste d’attesa dei ricoveri programmati, con la proposta di introduzione di modelli e standard per il monitoraggio del percorso del paziente, dal momento della presa in carico della domanda e fino alla sua dimissione. Segue la proposta di adozione del cosiddetto “decreto tariffe massime” riferite alle prestazioni ambulatoriali, necessario per superare l’attuale stallo nell’erogazione dei Livelli essenziali di assistenza (Lea), approvati già nel gennaio 2017, provvedimento che secondo il ministro garantirà la piena efficacia dei Lea nell’affronto della cronicità, che continua a essere la principale sfida dei sistemi sanitari di oggi, e avrà effetti positivi in termini di contenimento della mobilità sanitaria.

Che il tema delle liste d’attesa (che però non riguardano solo i ricoveri programmati) ponga anche una questione di monitoraggio ci sta, ma è questo il punto su cui intervenire per andare incontro alle problematiche che i cittadini ripetutamente pongono quando hanno bisogno di una prestazione sanitaria (ricovero o prestazione ambulatoriale)? Vedremo se il ministro ha ragione.

Siamo invece sicuri, in contrasto con le linee programmatiche, che la mobilità sanitaria non possa trovare un contenimento attraverso l’adozione di un provvedimento tariffario sulle prestazioni ambulatoriali, perché non è per un problema di tariffe delle prestazioni che i cittadini compiono, prevalentemente da sud a nord, vere e proprie migrazioni sanitarie.

Veniamo al personale sanitario, la cui carenza va ormai inquadrata (nel linguaggio delle linee programmatiche) in termini di “emergenza”. Qui l’impostazione del ministro è netta e precisa: “il mio impegno sarà finalizzato alla rivalutazione del trattamento economico di chi opera nel Ssn”, a partire dal già previsto incremento dell’indennità per il personale operante presso i servizi di pronto soccorso.

Per inquadrare la carenza vengono segnalate alcune tematiche di dettaglio: i vincoli alle assunzioni (soprattutto per le Regioni in piano di rientro) degli ultimi anni, l’innalzamento dell’età media del personale, le limitazioni al turnover, l’incremento di varie forme di precariato, una vera e propria “fuga” da alcune specialità, rese sempre meno attrattive, l’accentuazione (a causa della pandemia) del fenomeno delle dimissioni per cause diverse dai pensionamenti, la predilezione di forme di ingaggio atipiche, l’uso distorto delle esternalizzazioni.

Come si vede, non si tratta solo di affrontare il capitolo economico: è necessario un ripensamento complessivo della “emergenza personale”, prendendo in considerazione anche il capitolo “territorio” e la medicina di base (Mmg, Pls).

Non mancano naturalmente considerazioni sul finanziamento del Fondo sanitario nazionale (sul quale siamo già intervenuti anche da queste colonne) e sul finanziamento a favore della ricerca sanitaria, così come sono presenti indicazioni per implementare l’infrastruttura tecnologica e gli strumenti per la raccolta dei dati sanitari nell’ottica del potenziamento della digitalizzazione in ambito sanitario; e, almeno per ragioni di completezza, dobbiamo anche nominare le malattie rare, la resistenza agli antibiotici, la prevenzione vaccinale e il piano per le emergenze sanitarie, il piano oncologico e le farmacie dei servizi.

Che dire? Se prima (delle elezioni) un programma per la sanità non c’era o era ridotto ai minimi termini, adesso almeno in linea teorica un programma c’è. Certo, per il momento è più che altro un elenco di temi e di intenzioni, con qualche passaggio obbligato (Pnrr, però niente di nuovo) o imprescindibile (personale, finanziamento Ssn), ma (a parte qualche tema: il personale, ad esempio) senza specifiche proposte o indirizzi.

Dobbiamo però registrare almeno due grandi assenze: da una parte, la pandemia, citata nelle linee programmatiche, ma che non sembra avere lasciato uno specifico segno nelle intenzioni del ministro (a parte la ovvia necessità di approvare un piano per le emergenze); dall’altra, il socio-sanitario, il che dimostra ancora una volta come questa assistenza sia considerata “figlia di un dio minore”. Ci aspettavamo qualcosa di più, almeno nelle intenzioni.

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