I giorni destinati a cambiarci

Il tempo sospeso delle ferie è solo immaginario: il Mistero non va in ferie, ci interpella di continuo, nella carne dei nostri attimi

Nella vulgata comune le ferie sono il momento in cui si stacca. Il momento in cui uno, in qualche modo, vive la vita che vorrebbe senza doversi impegnare con niente. Nelle ferie uno si troverebbe come sospeso, o spensierato e perduto in un grande presente o proteso sul crinale che divide il bilancio sul passato dai progetti per il futuro. 

Questo tempo senza tempo, in cui in fondo tanto – se non tutto – vale, in realtà non esiste. Perché il nostro tempo è iniziato nell’istante esatto del concepimento e terminerà con l’ultimo respiro che esaleremo in un punto della storia a noi sconosciuto, ma che vedrà il nostro definitivo congedo. Lungo tutto lo spazio che copre la distanza tra l’inizio e la fine ci sono una serie di attimi che, come nei fili delle lucine di Natale che si arrotolano al termine delle feste, determinano l’uno quello successivo. È oggi che si decide quello che saremo domani ed è ieri che abbiamo deciso quello che siamo oggi. Il modo in cui noi viviamo ogni cosa determina in qualche modo il momento successivo, ci segna. 

Ovviamente la Grazia di Dio ha il potere di entrare nella storia e di invadere il nostro presente, ma – anche in quel caso – sarà il sì o il no che diremo a quella Grazia a costruire il prosieguo della storia. Così non è azzardato dire che è il modo con cui uno ha vissuto il tempo di preparazione al proprio matrimonio che indirizza gran parte del matrimonio stesso: dalle premesse difficilmente si evincono conseguenze troppo discordanti. Stupisce come molte gravidanze spesso non siano altro che lo specchio del modo con cui uno ha vissuto la vita fino a quel momento: le persone estremamente ansiose e rigide non di rado incontrano difficoltà importanti nel portare avanti la gestazione di un figlio, non per loro cattiveria – tutt’altro! – ma perché non è possibile trasmettere al corpo un segnale di paura e di pericolo per anni e poi pensare che quel corpo sia sereno e accogliente senza un serio lavoro su di sé. 

E ciò è vero anche per chi non ha mai pensato in vita propria al tema della morte, della fine, del fatto che le persone che amiamo saranno da noi congedate: nel momento in cui s’incorre in una morte improvvisa la tragedia sarà enorme. Anche in questo caso non per un fattore morale, bensì perché se non si guarda all’ipotesi della fine, la fine diventa un ignoto straziante e non un mistero in cui immergersi per rinascere. 

La cosa è vera perfino se si guarda alla campagna elettorale in corso: è il modo in cui si vive questo tempo di scelta che determinerà il clima che respireremo dopo. Se si ignorano questi giorni di contesa, come sarà possibile non solo votare, ma rendersi conto in modo compiuto di quanto avverrà nei prossimi cinque anni della nostra storia politica collettiva? 

Ecco, dunque, che le ferie sono già la premessa dell’anno che verrà, che questi giorni sono destinati a cambiarci, che quello che faremo ci renderà diversi, più o meno predisposti alla battaglia che ritroveremo a settembre. 

In fondo la scuola inizia col modo con cui si va al mare, il lavoro riprende con il modo con cui si trattano i propri cari, le attività sociali e civili dell’autunno sono tutte già contenute nel modo con cui oggi vengono preparate. 

Sottovalutare il presente, credendosi in ferie lontano da tutto, implica accumulare un peso che grava già sul mondo di domani. Separare i tempi della vita non è solo ingenuo, ma decisamente controproducente. Noi siamo uno perché la nostra storia è una. Scegliere le persone da vedere, i luoghi da frequentare, gli amici con cui stare non è un piano ideologico sul nostro tempo libero. Bensì il modo più concreto e rivoluzionario per volersi bene. Per non mandare in ferie tutto. Perfino il Mistero.

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