America di nuovo al bivio (del lavoro)

La notizia di uno sciopero, poi rientrato, ricorda come gli Stati Uniti, sul fronte del lavoro, si trovino di fronte a un bivio epocale

Avete presente la “Great Resignation”? Il fenomeno delle “grandi dimissioni” di milioni di persone, soprattutto giovani, che sono saliti sul carro degli aiuti economici dell’era Covid, della moratoria sugli affitti, del blocco dei tassi di interesse e la cancellazione dei debiti accumulati in anni di (pesantissime) rette universitarie, sentendosi abbastanza motivati da lasciare lavori che mal sopportano. Nella convinzione di poter trovare qualcosa che li soddisfi di più. Successo e ricchezza, da sempre traduzione e riduzione di quella “ricerca della felicità”, meta ideale dell’americano faber fortunae suae, non sembrano più risposte cosi evidenti e inequivocabili alla domanda sul “perché”, “per chi” e “per cosa” lavorare.

In questo nuovo quadro socio-economico la notizia del possibile sciopero di oltre 50mila tra ingegneri e conduttori delle ferrovie del trasporto merci ha riportato i sindacati al centro del dibattito sul lavoro, risuscitando un’istituzione che di qua dell’oceano non è mai veramente decollata. Parlare di sindacato negli Stati Uniti fa a dir poco un po’ strano. Una delle tantissime cose che mi colpirono quando cominciai a lavorare qua – proveniente com’ero dal mondo italico della gestione delle risorse umane – fu scoprire il bassissimo tasso di sindacalizzazione e soprattutto la tendenza al continuo ribasso nel numero di aderenti e di companies sindacalizzate.

Magari avete visto film come Hoffa e Joe Hill (quando ero giovane questo andava forte in tutti i circuiti di cineforum), ma i fatti sono, tanto per capirci, che se nel 1983 (primo anno di rilevazione ufficiale di dati sulla sindacalizzazione) gli iscritti ai vari sindacati (Unions) erano quasi 18 milioni, oggi, con una forza lavoro complessiva su tutto il territorio nazionale di quasi 160 milioni di esseri umani, i membri delle Unions non arrivano a 16 milioni, e perdono mediamente sui 200mila “pezzi” all’anno. E le companies con presenza di una rappresentanza sindacale nello stesso arco di tempo sono passate dal 20% al 10%.

Ora, notizia di questa mattina, la minaccia di sciopero di quei 50mila di cui sopra – sciopero che avrebbe rimesso in ginocchio quella “supply chain” che sta lentamente risollevandosi dopo la pandemia – sembra rientrata grazie a un “tentative agreement“, un accordo che porrà limiti agli orari estenuanti e alle cattive condizioni di lavoro che hanno spinto tanti dipendenti a lasciare il settore in anni recenti.

Magari questi fatti rilanceranno l’interesse dei lavoratori per la questione sindacale? Magari le Unions diventeranno la sponda sicura per lavoratori abbandonati in un mondo deregolarizzato nelle mani di datori di lavoro senza scrupoli? Magari le Unions diventeranno le nuove protagoniste delle dinamiche contrattuali e la contrattazione collettiva soppianterà quella individuale?

Non so, ma capisco che questo è uno dei grandi bivi di fronte ai quali si trova l’America di oggi, un bivio già annunciato qualche tempo fa dall’immagine socialdemocratica del Paese proposta in campagna elettorale da Bernie Sanders. Immagine che tanta presa ebbe – inaspettatamente – proprio tra i giovani. Quegli stessi giovani che oggi lasciano il lavoro perché quel che era non basta più.

Qual è il più grande diritto del lavoratore? Vantare un contratto collettivo che garantisca una serie di tutele e garanzie che riteniamo inalienabili o essere lasciato libero di fare, di mettere su il proprio business, la propria attività grande o piccola senza che lo Stato complichi la vita? Non essere mandato a casa dalla sera alla mattina o potersene andare in qualsiasi momento per cercar fortuna costruendo qualcosa d’altro? Sono le due facce della stessa medaglia. Conciliabili?

L’America è nata e cresciuta seguendo la seconda e scartando con convinzione l’immagine social-democratica. Un sistema che ha funzionato e ha fatto dell’America quella che è, come ho sperimentato personalmente anche io, che mai avrei pensato di mettere su un business, di desiderare di mettere su un business. Costituendo l’equivalente di una Srl in due ore e con una tassa di 500 dollari…

Un sistema che ha funzionato per lunghi anni, ma i tempi sono cambiati. Può funzionare ancora?

God Bless America!

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