Il nono concistoro di papa Francesco, quello che vede imporre la berretta cardinalizia a Giorgio Marengo e a Pierbattista Pizzaballa, è senza dubbio l’occasione migliore per provare a tracciare un bilancio quanto meno numerico di un pontificato che s’avvia a completare l’undicesimo anno di attività. Il concistoro si inserisce nella tradizione della Chiesa cattolica come naturale prosecuzione del consilium principis che affiancava l’Imperatore romano nelle questioni più urgenti. Per analogia, il pontefice individua alcuni uomini appartenenti alla Chiesa che possano coadiuvarlo nella missione di governo e, una volta individuati pubblicamente, li crea cardinali rivestendoli con il color porpora.
Cardinale, fin dall’antichità, è il titolo che veniva affidato ad alcuni preti di Roma che svolgevano nella comunità una funzione cardine: ancora oggi, per questo motivo, ai cardinali creati in concistoro è assegnato il titolo di una chiesa di Roma alla quale il neoporporato si riferisce e che si dichiara disponibile a servire. Il cardinale è elettore se ha meno di ottant’anni, mentre non è elettore se ultraottantenne. Paolo VI fissò in 120 il numero massimo dei cardinali elettori, ma con Giovanni Paolo II si fece largo la prassi di nominare un numero maggiore di porporati, in previsione della quantità di ottantesimi compleanni previsti nel periodo successivo al concistoro stesso.
Così, con i 21 nuovi cardinali creati per questa occasione, gli elettori facenti parte di un ipotetico prossimo conclave salgono alla cifra altissima di 137, ma entro dicembre 2024 – per effetto dei genetliaci che si succederanno – scenderanno a 119. Nove sono i cardinali elettori creati da Giovanni Paolo II (saranno 7 entro un anno) e 29 (diventeranno 18) quelli scelti da Ratzinger. Papa Francesco fin qui ha creato 99 dei futuri cardinali elettori e, nell’arco dei prossimi mesi, 7 di questi non potranno più far parte del conclave.
Si tratta, pertanto, di una situazione molto delineata: è Bergoglio che ha dato fisionomia non solo a questi anni, ma ai pontificati che verranno. E se qualche dubbio rimane, è bene ricordare alcuni nomi dei pensionandi del prossimo biennio: Leonardo Sandri, Luis Cipriani, Luis Ladaria, Marc Ouellet, Mauro Piacenza, Christoph Schönborn, Robert Sarah e Stanislaw Rylko. In pratica tutto quello che resta della classe dirigente che ha portato la Chiesa nel terzo millennio, con Giovanni Paolo II e Benedetto XVI, uscirà di scena per superati limiti di età e il rinnovamento profondo del collegio cardinalizio operato da Francesco si rafforzerà ulteriormente. Infatti, il papa argentino è l’unico pontefice che ha convocato in ogni anno – eccetto che per il 2021 – un concistoro per creare, con cadenza fissa, i nuovi cardinali. Per capire la novità del gesto, basti pensare che 9 furono i concistori convocati da Wojtyla in ventisette anni di pontificato, lo stesso numero di quelli convocati da Francesco in soli dieci anni.
Alla luce di tutti questi dati, decisamente eloquenti, è giusto domandarsi in che cosa consista questo poderoso rinnovamento messo in atto da Francesco, quale criterio esso segua e quale novità persegua. La risposta arriva dallo stesso pontefice che, prendendo la parola durante il concistoro, ha voluto porre l’accento sull’importanza della diversità. Una diversità di luoghi, sono ormai 91 le nazioni del mondo rappresentate, di sensibilità, di percorsi, di idee.
È come se il Papa avesse ben presente che la complessità dell’età contemporanea risveglia nella Chiesa non soltanto la riscoperta – e l’affermazione – della propria posizione teologica o dialettica, ma anche la tentazione di imporre quella visione del mondo e di Dio a tutti gli altri. È la sinfonia della sinodalità che i cardinali sono chiamati a suonare esprimendo le proprie posizioni, i propri giudizi e i propri contributi ai dibattiti aperti in seno alla Chiesa.
Ed è a questo punto che Bergoglio chiama in causa lo Spirito Santo: la Chiesa, nella conformazione sinodale che sarà riaffermata con forza al Sinodo in procinto di iniziare a Roma nei prossimi giorni, non può ridursi né ad un parlamento né ad un accordo fra posizioni diverse; la Chiesa deve sempre tornare a seguire ciò che è vivo, ciò che è vero, ciò che tocca il cuore e che lo Spirito continuamente ripropone: la presenza di Cristo. Francesco ha usato un’espressione icastica per raccontare tutto questo ai nuovi membri del Concistoro: “Siate evangelizzatori evangelizzati – ha detto – non funzionari”.
Più uno sta e segue quella presenza di vita che gli cambia il cuore, più uno serve agli altri, diventa utile, smette di essere stratega e partecipa ad una realtà nuova. Chi dovesse ridurre il Sinodo ad un programma di riforme, seppur ambizioso, o ad un coacervo di sbandamenti dottrinali cui si farebbe da grancassa, troverà in questo primo atto del pontefice un chiaro monito. Quello che conta non è quello che un uomo di Dio, magari cardinale, vuole fare o vuole difendere. Ciò che conta è quello che ognuno di noi è davvero disposto a seguire. Fino ad indossare la porpora dei testimoni, il rosso dei martiri.
— — — —
Abbiamo bisogno del tuo contributo per continuare a fornirti una informazione di qualità e indipendente.