Un Terzo settore formato Pnrr

Il Terzo settore è molto importante per l'Italia, ma sembra che nel Pnrr non gli sia stata data la giusta e dovuta rilevanza

Il Terzo settore si siede al tavolo del Pnrr: senza sgomitare ma con la determinazione di un pezzo vasto e credibile di Sistema-Paese. Il Rapporto presentato dal Forum nazionale e da Openpolis parla il rigoroso linguaggio delle cifre. Parole di altrettanto peso ha pronunciato negli stessi giorni il neo-presidente della Fondazione Cariplo Giovanni Azzone, già rettore del Politecnico di Milano. Le Fondazioni di origine bancaria sono il grande alleato del Terzo settore, assunte dalla Corte Costituzionale a paradigma della sussidiarietà come nuova dimensione della democrazia. E Azzone – al suo debutto – ne ha rivendicato la piena cittadinanza nell’era-Recovery (post-pandemia, ora in crisi geopolitica) come “motori di ricerca” nelle gigantesche – ancorché poco esplorate – “miniere di dati” generate dal sistema economico e sociale (due mondi che s’interfacciano meno di quanto ci si possa attendere). L’innovazione generabile dalle Fondazioni ormai verso i loro primi 40 anni è appunto questa: innestare la transizione digitale in quella innescata già nel 2001 dalla riforma del titolo V della Costituzione.

Nel frattempo il Pnrr assume profilo anche dal punto di vista del Terzo Settore. Il Piano ha  un valore complessivo di circa 191,5 miliardi e comprende al suo interno circa 300 misure e oltre 1.000 scadenze per la loro realizzazione entro il 2026. Tra queste misure – sottolinea il Rapporto – ne sono state individuate circa 60 (per oltre 250 obiettivi e traguardi) che possono essere di interesse per gli Enti del Terzo Settore, sia perché toccano temi di particolare rilevanza per la vita dei cittadini, sia perché possono vedere coinvolti gli enti stessi nella loro realizzazione, e su di esse si è avviato un monitoraggio.

In dettaglio strategico:  al momento sono 58 le misure del Pnrr che coinvolgono il Terzo Settore (per un valore calcolato in circa 40 miliardi), ma soltanto tre hanno come focus la protezione attiva delle persone fragili. I progetti finanziati sono 2.036 (con una sforbiciata di 89 sulla matrice del Pnrr). I fondi stanziati a oggi sono 502 milioni (Lombardia in testa con 78 milioni di budget, Campania seconda con 51), con un’attenzione speciale per gli “homeless”.  La “puntata” del Pnrr è giusta? Si poteva scommettere di più?

“Il Terzo Settore dovrebbe avere un ruolo da protagonista nel Pnrr – ha sollecitato il Presidente del Forum, Chiara Meoli – non di mero e potenziale esecutore dei progetti: dovrebbe piuttosto partecipare anche alle fasi di elaborazione dei bandi secondo una logica di co-programmazione oltre che di co-progettazione. In realtà, una verifica attenta dell’attuale stato di attuazione del piano mostra piuttosto che gli enti del Terzo settore, nonostante siano evocati nel testo del Piano, non sono effettivamente coinvolti nella sua concreta attuazione”.

Emerge come critico il rapporto con gli enti pubblici nazionali o locali. Nella maggior parte dei casi-Pnrr,  il coinvolgimento degli Ets è indiretto ovvero demandato agli enti locali. Lo strumento principe per l’attribuzione delle risorse è il bando di gara. Gli avvisi sono spesso redatti e pubblicati dalle amministrazioni centrali senza tener conto dei dati già in loro possesso e delle criticità già note e rilevate in merito alla platea dei potenziali destinatari degli interventi; i bandi vengono invece rivolti a una totalità generale di soggetti – spesso enti locali – tutti chiamati indistintamente a presentare progetti di intervento.

In tal modo, però, si premiano le amministrazioni più organizzate invece di destinare le risorse laddove ve ne è più necessità. Ma la sussidiarietà – di cui il Terzo Settore è l’espressione realizzativa – è da sempre sfida:  competitiva e allo stesso tempo cooperativa sia con la sfera pubblica che con il mercato. Vi sono pochi dubbi che anche nello sviluppo del Pnrr il Terzo Settore sarà protagonista.

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