Guardare attraverso i piedi

L'immagine più iconica di questa Biennale di Venezia è il grande murales di Maurizio Cattelan, "Father". Nei piedi, una profonda verità della Resurrezione

Certamente l’immagine più iconica di questa Biennale veneziana da poco inaugurata è il grande murales fatto realizzare da Maurizio Cattelan sulla facciata della cappella della Casa di Reclusione femminile alla Giudecca. La cappella si affaccia sulla Fondamenta delle Convertite ed è l’unica opera fotografabile del Padiglione Vaticano: le altre sono all’interno del carcere, dove per accedere si devono lasciare, come da norme, i cellulari all’ingresso. Vanno dunque viste dal vero, “con i miei occhi” come sottolineato nel titolo stesso dato al Padiglione.

L’immagine di Cattelan, Father (ripresa da un suo multiplo del 2021) è costituita dalla pianta di due piedi nudi in proporzioni gigantesche che sembrano fuoriuscire dallo spazio stesso della cappella. Oltre che nudi sono sporchi di terra, profondamente segnati dalla fatica del cammino. È un’immagine sofferente, che si rifà al taglio ardito del Cristo morto di Mantegna. Ma che in realtà ha più affinità con la clamorosa ostensione dei piedi dei pellegrini inginocchiati davanti alla Madonna di Loreto, nel capolavoro di Caravaggio custodito nella chiesa di Sant’Agostino a Roma: piedi consumati dal cammino e mossi da una grande fede che ci troviamo davanti al naso, con quella meravigliosa brutalità di cui non saremo mai sufficientemente grati a Caravaggio (vedi anche il caso del dito di Tommaso infilato nella piaga di Cristo, nell’altro capolavoro conservato a Potsdam). “I piedi insieme al cuore portano la stanchezza e il peso della vita”: così con molta semplicità Cattelan ha voluto spiegare la sua scelta. Del resto il Padiglione Vaticano, ha detto sempre l’artista, “è un gesto rivoluzionario perché ci obbliga a mettere piede in un territorio inesplorato, a guardare negli occhi chi ha perso la libertà”.

I piedi dunque, e non certamente a caso. Quante volte infatti ricorrono nelle narrazioni dei Vangeli? Si va dai due episodi analoghi di Maria sorella di Lazzaro e della peccatrice in casa del fariseo, che lavano e profumano i piedi di Gesù in segno di amore e adorazione, fino alla lavanda dei piedi degli apostoli prima della Passione. I piedi sono la cartina al tornasole della verità della Resurrezione: “Guardate le mie mani e i miei piedi: sono proprio io!” (Lc 24,29); “Ed esse, avvicinatesi, gli presero i piedi e lo adorarono” (Mt 28,9). Così la componente più umile e “bassa” del corpo umano assurge ad un’imprevista centralità.

Verrebbe da chiedersi: perché? Una risposta la suggeriscono le parole del papa pronunciate in occasione del suo viaggio a Venezia dove ha visitato il Padiglione Vaticano: i piedi hanno a che vedere con la povertà. Povertà come condizione strutturale dell’uomo, ma povertà anche come scandalo sociale. Una povertà che il mondo d’oggi con la sua ossessione cosmetica vuole cancellare dal suo orizzonte mentale e che invece un’opera come quella di Cattelan rimette rumorosamente davanti agli occhi di tutti. Al Papa piace essere esplicito, così in quel discorso ha fatto leva su un neologismo: “aporofobia”, “questo terribile neologismo che significa ‘fobia dei poveri’”. Quell’immagine di piedi giganteschi, feriti dalla fatica della vita, sono dunque una breccia aperta nel muro dell’“aporofobia”. E, sia detto per inciso, sono anche un suggerimento di percorso e di senso per l’arte di oggi.

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