Quando si parla di immigrazione emergono timori che vengono sfruttati dalla politica per proporre misure discutibili

Quando parliamo di stranieri, la politica assomiglia alla vita. O meglio, quando parliamo di immigrazione, la politica assomiglia alla paura che abbiamo della vita. Il Partido Popular, il principale partito di opposizione in Spagna, non è più un’eccezione in Europa. Si è unito ai partiti di centro-destra che vogliono inasprire le politiche sull‘immigrazione. Teme, come la Cdu tedesca, che i voti vadano ai partiti più a destra.



La politica, chi si occupa di politica, fiuta la nostra paura della vita e vuole approfittarne. Vogliamo stare solo “tra i nostri”. Vogliamo far sì che quando ci sediamo a cena con tre, sette o venti persone, non sia necessario presentarci, spiegare chi siamo, in cosa crediamo e perché crediamo in ciò in cui crediamo. Vogliamo che tutti ci conoscano o conoscano qualcuno che conosce qualcuno che ci conosce.



Vogliamo che la conversazione non debba concentrarsi sui fondamenti della nostra vita; vogliamo parlare delle conseguenze, degli aspetti pratici. Oppure vogliamo semplicemente dedicarci al gossip e rafforzare la coesione del gruppo commentando quanto siano cattivi “gli altri”. Vogliamo evitare di doverci sforzare di capire un’altra lingua; che il medico, il collega, la signora che vende il pane, il vicino al quarto piano siano “uno di noi”, che tutto sia chiaro, compreso in anticipo, sottinteso, senza nulla di nuovo da capire. Altrimenti, entriamo nella zona di panico.



Qualche anno fa, l’European Journal of Training and Development ha offerto in uno dei suoi articoli alcuni consigli per superare l’ansia creata dalla zona di panico: raccomandava di avere un coach, un consulente, in breve qualcuno che ci dicesse cosa fare. L’ansia di un mondo diverso, che sembra pieno di “altri”, ci spinge ad abbandonare la nostra anima a “coloro che sanno”. Con loro, possiamo sentirci al sicuro.

Alberto Nunez Feijoo, leader Partito Popolare in Spagna (ANSA-EPA 2025)

Questa paura della vita, che ci porta a rinunciare così facilmente alla libertà, nasce da una mancanza di amore per noi stessi, da una mancanza di interesse a ricevere noi stessi come un mistero attraverso le relazioni con gli altri. Non vogliamo cercare noi stessi, scoprire chi siamo sentendo il nostro nome nelle voci di coloro che “non sono nostri”. Le piante coltivate in serra non sopportano l’aria aperta e finiscono per diventare creature insicure, perché non sanno chi sono.

Torniamo alla politica. I politici fiutano la nostra paura. Il Partido Popular propone che i migranti irregolari non ricevano sussidi sociali. Ma il denaro per questi sussidi che non si vogliono dare ai migranti, negando la dignità che hanno come persone, è stato versato da altri migranti. Non possiamo chiedere ai migranti di mantenere lo Stato sociale ma non ricevere sussidi quando ne hanno bisogno.

Il Partido Popular vuole consentire l’ingresso solo a chi viene per lavorare. È una proposta contraddittoria. Sono già qui, e molti stanno già lavorando: se non lavorano regolarmente, è perché ci rifiutiamo di regolarizzarli.

Il Partido Popular propone un visto a punti. Si tratta di una formula già implementata nel Regno Unito e in Germania, che favorisce l’ingresso nel Paese e la regolarizzazione dei migranti che vanno a lavorare in settori in cui c’è carenza di manodopera, che hanno una certa età o che conoscono la lingua. Il PP vuole anche includere come criterio di regolarizzazione e ingresso il fatto che si condivida la storia, la lingua, i valori e la cultura della Spagna.

Se parliamo di lingua, la questione è chiara. Ma nel caso di storia, cultura e valori, iniziano i problemi. Chi siamo? Cos’è una storia comune? Quella dell’Europa, quella di ogni Stato-nazione? Dichiareremo forse che i valori laici e repubblicani, in cui nessuno crede, sono la cultura ufficiale dello Stato, come ha fatto la Francia? Quali sono i nostri valori? Quelli della tradizione illuminista ormai dissolta, quelli cattolici, quelli laici o quelli della cultura postmoderna della maggior parte dei giovani? Sicuramente tutti questi, anche se molti si contraddicono.

Sappiamo già che un multiculturalismo neutrale come quello britannico provoca grandi disastri. E ci sono alcuni valori che, in linea di principio, sono condivisi: quelli sanciti dal nostro ordinamento giuridico, dalla Costituzione. Ma al di là dei valori costituzionali, abbiamo qualcosa che possa servire a integrare e plasmare un meticciato inevitabile? Il patriottismo costituzionale, già un po’ logoro, serve a risolvere il problema?

Queste sono alcune delle domande affascinanti che la migrazione ci pone. A queste domande non si può rispondere facendo dichiarazioni o enunciando principi. Sappiamo chi siamo, qual è la nostra cultura, solo osservando come reagiamo a una sfida. Per farlo, dobbiamo amare la vita senza paura.

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