Sant’Ambrogio aiuta a capire il mistero dell’immacolata concezione di Maria. Nacque libera, immacolata. Senza paura, aperta a ogni nostra supplica
Oggi è un giorno particolare, come un ponte sospeso tra la memoria del grande sant’Ambrogio e la festa dell’Immacolata Concezione di Maria. Fu proprio il patrono di Milano a definire la Vergine con queste parole: “Nobile porta è Maria, che era chiusa e non si aprì! Passò per essa Cristo senza aprirla”.
Viene subito alla memoria un altro ingresso di Cristo “a porte chiuse”, quello che avvenne dopo la sua Risurrezione: “La sera di quello stesso giorno, il primo dopo il sabato, mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei Giudei, venne Gesù, si fermò in mezzo a loro e disse: ‘Pace a voi!’” (Gv 20,19).
C’è una differenza significativa tra le due “chiusure”, quella di Maria è determinata dalla verginità, quella del cenacolo dalla paura. Ci ritroveremmo subito a casa in quel cenacolo che descrive la condizione di tanti. Timori, preoccupazioni, sospetti, sentore di essere stati ingannati, pare di respirarla quell’aria pesate e opprimente. Impacciati e circospetti non sapevano che cosa fare, quegli undici uomini rimasti bloccati pur avendo visto tutto quello che c’era da vedere e sentito tutto quello che c’era da sentire.
Chissà quante volte, in quegli istanti interminabili, avranno cercato lo sguardo di Maria. Era lì anche lei, carica di una letizia discreta, in attesa di vedere come sarebbe cambiata, di lì a poco, la vita degli apostoli. Non una traccia di paura, non una briciola di sospetto, su quel volto rimasto sempre giovane e straordinariamente affascinante. Non potevano che guardare lei.

Li immagino così, quei giorni, quegli istanti, nei quali avranno capito come non mai cosa significhi nascere liberi, immacolati. Ogni preghiera esasperata dell’uomo, ogni sua supplica disperata, ogni sua attesa angosciata, erano presenti nello sguardo con cui gli apostoli cercavano gli occhi della Madre, prima dell’incontro col Risorto.
Mario Luzi lo esprime con singolare lucidità: “La preghiera e la confidente attesa delle moltitudini. La pena solitaria e inconsolabile dell’uomo, la pubblica calamità che non vede scampo o rimedio portano ugualmente a pronunciare il suo nome” (Mario Luzi, Il pianto di Maria, Mattelliana, 2015).
Le porte chiuse della verginità si sono mostrare casa spalancata per l’indicibile umano. Ciò che la paura non ammette, lì è accolto. Lo Spirito Santo, che tiene chiuso solo per spalancare, avrebbe operato il medesimo cambiamento nel cenacolo: “Venne all’improvviso dal cielo un fragore, quasi un vento che si abbatte impetuoso, e riempì tutta la casa dove stavano. Apparvero loro lingue come di fuoco, che si dividevano, e si posarono su ciascuno di loro, e tutti furono colmati di Spirito Santo e cominciarono a parlare in altre lingue, nel modo in cui lo Spirito dava loro il potere di esprimersi” (At 2, 2-4).
La preferenza che Dio ha mostrato, pensando alla vita di una di noi che potesse essere casa per ciascuno di noi, è il metodo definitivo con cui ogni chiusura è guardata: nessuna porta sbarrata può impedire il suo incontro.
Possiamo dunque vivere da protagonisti questa giornata di gratitudine e di attesa, per un “già e non ancora” che segna il cammino di tutti, che tutti può rendere amici e che ogni circostanza può volgere al bene.
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