Il caso New York e la crisi delle metropoli occidentali

La vittoria alle primarie democratiche di New York di Zohran Mamdani rappresenta un segnale che va oltre le vicende della Grande Mela

Non è affatto certo che Zohran Mamdani diventi sindaco di New York il prossimo 4 novembre. Ed è ancora meno certo che, in quel caso, si dimostri realizzabile il programma “socialista” che gli ha garantito una vittoria schiacciante e sorprendente alle primarie democratiche. È invece un fatto acquisito che i 432mila newyorchesi che lo hanno votato – discreto campione di 8,5 milioni di abitanti della più popolosa metropoli degli Stati Uniti – abbiano approfittato delle urne per lanciare un allarme forte e chiaro: non ce la fanno più a vivere nella loro città.



Non riescono più a trovare case in affitto o in vendita con rate-mutuo compatibili con i loro redditi. Le tariffe del trasporto pubblico cominciano a pesare troppo su milioni di pendolari interni alla Grande Mela. E l’inflazione ha gonfiato la spesa al supermercato oltre i limiti di guardia.

Per questo il 43% dei partecipanti alle primarie dem ha punito l’ex Governatore Andrew Cuomo – vip del partito e sostenuto da donazioni ricchissime – e dato fiducia a un 33enne semisconosciuto deputato dello Stato, che – quasi esclusivamente attraverso social e reti di volontari – si è detto pronto a congelare i canoni d’affitto, a rendere gratuite alcune fasce del trasporto pubblico e a costruire una rete di spacci alimentari gestiti dal municipio.



Tutto verrebbe finanziato con prelievi fiscali supplementari sui newyorchesi più ricchi: i “miliardari” che Mamdani considera tout court un’anomalia in una democrazia sana, non lacerata dalle diseguaglianze. La corrente in cui Mamdani si riconosce fra i dem radicali è il WFP: il “partito delle famiglie lavoratrici”.

Wall Street – popolata di investitori immobiliari e di banche loro finanziatrici – l’ha presa ovviamente male: anche se nel segreto dell’urna South Manhattan non ha fatto mancare il suo contributo alla landslide pro-Mamdani (assieme ad altri distretti che nel novembre scorso avevano votato Donald Trump). L’organizzazione sindacale delle colf e dei portinai è stata invece la prima fra le union locali che hanno subito rinnegato una tradizionale lealtà al candidato “old dem”, discendente di immigrati italiani, schierandosi dietro un musulmano nato in Uganda da genitori indiani.



In attesa degli sviluppi della campagna elettorale – che vede come sindaco dem uscente l’ex poliziotto afro Eric Adams, ripudiato dal suo stesso partito per scandali finanziari – il segnale lanciato degli elettori di Mamdani sembra sintonizzato non solo sui dem americani ancora devastati dalla sconfitta presidenziale, ma anche su altre grandi città occidentali, più o meno iconiche di New York. A cominciare da quelle del C40: il club delle 97 grandi città del pianeta associate in nome della sostenibilità climatica.

Nel C40 è membro del comitato direttivo anche il sindaco in carica di Milano. Beppe Sala potrebbe fra qualche mese ritrovarsi al tavolo con Mamdani, mentre lo è già con i mayor di Parigi, San Francisco, Barcellona. Tutte metropoli occidentali diversamente inquiete: in California per l’integrazione etnica (e i prezzi edilizi), in Francia per le politiche verdi, in Catalogna per l’overtourism.

Tutte città popolate da abitanti più o meno stabili (dalle famiglie di lunga data agli immigrati per studio e lavoro) che lottano sempre di più per sopravvivere ogni giorno in metropoli che sentono sempre meno loro. Anzi: in metropoli che il mercato e la politica disegnano sempre di più a prescindere da loro (se non contro) e con più attenzione per chi in città transita solo o addirittura investe soltanto. A New York come a Parigi o Milano vi sono sempre più immobili o attività di proprietà di soggetti che in città vengono raramente, talora mai.

Un discorso lungo e non di oggi: che approfondisce strutturalmente la storica emergenza-sicurezza aggravata dal Covid. A New York avevano eletto Adams: certamente non è stata solo colpa sua se i nodi sono rimasti irrisolti, fra grattacieli invenduti, vetrine sbarrate, microcriminalità in aumento e smartworkers in fuga. Ma chi nella Grande Mela c’era già o ci deve restar ha messo nero su bianco – almeno fra i dem – quali sono i “diritti di cittadinanza” che il futuro sindaco dovrà ricostruire in città.

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