Benedetto XVI, il minotauro e la profezia di Pasolini

Le recenti cronache riguardanti il sito phica.eu e il gruppo Fb “Mia moglie” realizzano in pieno l’“imbestiamento” di cui Pasolini era stato profeta

Nostro peccato fu ermafrodito;
ma perché non servammo umana legge,
seguendo come bestie l’appetito,

in obbrobrio di noi, per noi si legge,
quando partinci, il nome di colei
che s’imbestiò ne le ‘mbestiate schegge.

Questo è Dante, canto 26 del Purgatorio, quello dei lussuriosi, versi 82-87. Vi si richiama il mito del minotauro, per la più precisione del suo abnorme concepimento da mamma umana “imbestiatasi” e babbo toro già bestia di suo.



Può davvero capitare, come è capitato, che uno li abbia letti alla sera; poi al mattino, tg acceso mentre puccia i biscotti nel caffelatte, lo investe la ormai quasi quotidiana cronaca delle nefandezze di matrice sessuale. Stupri, molestie, revenge porn, siti “della vergogna” dove l’intimità della moglie è esibita alla mercé di decine di migliaia (!) di guardoni digitali. E quelle parole – “come bestie”… “s’imbestiò” (cioè, si fece bestia), ecc. – di colpo gli appaiono perfettamente attuali.



Simili fatti appaiono giustamente come perversioni, vistose deviazioni da quello che un residuo di buon senso comune, approva o giudica accettabile. Imbestiamenti, appunto. Ma, a parte il peccato originale (di tutti) ed eventuali patologie (di alcuni), la domanda è: ci sono fattori culturali, di mentalità e di costume da considerare?

Una risposta assai convincente si trova all’inizio della prima enciclica di Benedetto XVI. Papa Ratzinger individua già nella cultura e nella religione greca la riduzione dell’amore all’eros inteso come puro sesso: “L’eros degradato a puro sesso diventa merce, una semplice ‘cosa’ che si può comprare e vendere, anzi, l’uomo stesso diventa merce… In realtà, ci troviamo di fronte ad una degradazione del corpo umano, che non è più integrato nel tutto della libertà della nostra esistenza, non è più espressione viva della totalità del nostro essere, ma viene come respinto nel campo puramente biologico”.



Nella nostra epoca questa mentalità “pagana” ha trovato terreno fertile in quel processo di cambiamento che Pier Paolo Pasolini ha chiamato “mutazione antropologica”, innescatasi negli anni 60 del secolo scorso, approfonditasi negli anni successivi, fino a tutt’oggi, dove la postura nichilista, incontrando per di più il mondo del virtuale, è diventato l’ovvio dei popoli.

Due fattori sono stati e sono particolarmente rilevanti: la spirale del consumismo sempre più pervasiva e la parabola della liberazione sessuale.

Una foto di Pasolini esposta in una mostra a Genova nel 2021 (Ansa)

Il consumismo nichilista tende a ridurre il bene a bene di consumo; anche l’altro è un bene solo in quanto bene di consumo disponibile, una merce appunto, se no è un ostacolo. Il possesso è la decisiva certificazione del proprio valore, della consistenza dell’io (anche in amore; da cui i femminicidi). Il possesso quindi come potere, che comporta la non accettazione del limite e della non riuscita. I social sono spazi senza intermediazioni, sostanzialmente senza limiti, quindi spazi di possibile violenza.

La parabola della liberazione sessuale ha un primo step nell’opposizione all’enciclica Humanae vitae di san Paolo VI (1968): ci si opponeva al legame sessualità-procreazione, che l’enciclica invece ribadiva.

Lo step successivo è la scissione tra eros e amore (“allora tra voi c’è qualcosa?” “no, no, è solo sesso”: dialogo normale in un qualunque normale telefilm).

Ultimo stadio è il sesso senza eros. E non si sa più cosa inventarsi per provare piacere. Il sesso ridotto a merce in una persona ridotta a merce. È quello che si vede nei porno, dove c’è di tutto ma non c’è un filo di erotismo. La fruizione precoce via internet di questa roba è un fattore gravemente distorsivo di  un normale sviluppo della sessualità e della consapevolezza dei ragazzi.

Tutto ciò premesso, ben vengano buone leggi, indagini giudiziarie, sanzioni e quant’altro. Ma appare evidente che è soprattutto un problema immane di educazione (permanente, perché riguarda anche gli adulti). Purtroppo, nei dibattiti prevalgono moralismo (insegnare i princìpi) e ideologia (es. la guerra al “patriarcato”).

Si tratta invece di promuovere un’educazione dell’umano in quanto tale, corpo e anima. E dove se non in luoghi nei quali si faccia esperienza di comunione e di gratuità, dove la persona è accolta per il solo fatto che è, e dove ognuno constata che l’altro, rispettato nella sua alterità e nel suo mistero, è un dono ed è un bene per lui stesso?

Occorrerebbe per esempio che le esperienze associative di vario tipo non tenessero presente solo la realizzazione delle attività statutarie ma la promozione dell’umano, della sua autocoscienza e delle sue buone relazioni.

A maggior ragione se si tratta di comunità cristiane.

Ancora dalla Deus caritas est: “Così diventa evidente che l’eros ha bisogno di disciplina, di purificazione per donare all’uomo non il piacere di un istante, ma un certo pregustamento del vertice dell’esistenza”.

Ecco, per esempio: Carlo Acutis e Piergiorgio Frassati sono (da ieri) santi non perché spiritualisti sessuofobi, ma perché hanno vissuto tesi a quel pregustamento, che è “il centuplo” quaggiù.

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