ABOLIZIONE TASI E IMU/ Tasse sulla casa, la (vera) riforma che nessuno vuole fare

- Andrea Vittorino Lagravinese

Dalla maggioranza di governo arriva la proposta di una riforma fiscale: abolire la Tasi ed effettuare dei tagli mirati sull’Imu

Edifici (Pixabay)

Prima di tutto vogliamo porci una domanda, inerente al mondo delle imposte sugli immobili e terreni di proprietà privata: ma è giusto che il ministero del Tesoro utilizzi un aggravio fiscale sulla casa o sui terreni, anche quelli agricoli, per far cassa? La nostra risposta è no! Come già fatto notare in molte occasioni, è di moda da parte del Governo, tra liti e presunte riappacificazioni dei due schieramenti che lo formano, sempre più in cronica antitesi, è costretto ancora una volta raschiare il fondo del barile, contente solo le ormai esigue risorse economiche del nostro Paese. L’obbiettivo adesso pare sia eliminare e superare i doppioni che moltiplicano la tassazione. Siccome si cambia idea quasi quotidianamente, ora si sta pensando a un cambio di rotta dopo l’ipotesi propinata, solo qualche tempo fa, di una fusione Imu-Tasi: adesso si lavora all’abolizione della Tasi e a tagli mirati per l’Imu.

Pare una bella idea, magari difficile da realizzare per colpa dei Comuni, i quali fanno di queste imposte la linfa vitale per sopravvivere: ma questi provvedimenti sono una giusta soluzione al problema dell’evasione fiscale e di conseguenza un risparmio per il cittadino, o solamente un’inusitata panacea, buona per tutti i mali… e magari per nascondere i vari buchi? Il vicepresidente della commissione Finanze della Camera, padre della proposta e deputato leghista, rispondendo ad alcune domande in tema, poste dal Sole24Ore.com, ha annunciato una serie di novità: prima di tutto la proposta di legge entrerà nella prossima finanziaria e poi ha spiegato le ragioni del cambiamento dell’idea iniziale della fusione Imu-Tasu che si può così riassumere: dopo una serie di verifiche si è riscontrato che, come al solito (i celeberrimi segreti di Pulcinella) a riguardo, esiste un’evasione e un sommerso immenso, pari a più di 5 miliardi su 20 di versamenti sulla seconda casa; e che la Tasi, per quei Comuni che la applicano, rappresenta un introito di solo… un miliardo di euro. Basta perciò trovare la copertura, con diminuzioni di spesa, della maggiorazione Tasi di 270 milioni e il gioco è fatto.

Questi milioni vanno comunque reperiti utilizzando un qualsiasi genere di provvedimento (riduzioni delle tasse in questione o abolizione dell’una o dell’altra). A questo punto con un miliardo e cento meno 270 milioni, cioè 830 milioni, si chiude il discorso e la soppressione della Tasi può procedere, perché comunque la stessa è un clone rispetto all’Imu e l’incentivo a tale abolizione è che tutti i cittadini risparmieranno un miliardo e cento: poi così facendo si eliminerebbero parecchi oneri tributari sulle proprietà immobiliari e su alcune di queste. Nella fattispecie: negozi sfitti, appartamenti occupati, case chiamiamole ex di lusso, che in realtà ormai non sono più tali, e infine gli immobili inagibili. Selettivamente si può intervenire e fare un po’ più di equità.

Poi c’è per ultima “l’ideona”, la cosa più innovativa (anche questa si può annoverare con la scoperta dell’acqua calda): per recuperare il sommerso bisogna o mandare l’F24 a casa o inserirlo nel 730 precompilato.
Ma cosa pensare, alla fine di questa ennesima disquisizione su presunte o vere proposte di abolizioni e/o riduzioni di imposte locali, balzelli comunali sulla bistrattata casa? A parte il solito problema della copertura di bilancio, il cui deficit è da sempre una sorta di scheggia impazzita, l’idea che ci si fa è quella che il nostro Esecutivo, in cronica e forte difficoltà, su ogni tema affrontato, inerente all’universo fiscale, usi il fioretto al posto della sciabola, per cercare di risolvere i vari problemi sul tavolo. Ci spieghiamo meglio: se parliamo di immobili – la cui proprietà svaria dallo Stato, agli enti pubblici, privati o religiosi, al normale cittadino – e se l’intento è quello di sfruttare gli stessi a fini di introiti fiscali, non ci si può non rifare alla secolare istituzione del “Catasto”: tuttavia affrontare tale discorso e la sua riforma viene da sempre visto, da chi ci governa e da chi dovrebbe gestire tale ambaradan, cioè i Comuni, come un tabù che tutti si rifiutano di affrontare.

Il Ministero e la maggior parte degli uffici degli Enti locali preposti non hanno avuto e non hanno nessuna intenzione di mettere mano a una riorganizzazione che deve per forza di cose divenire un’azione radicale. C’è un caos tremendo dove è difficilissimo raccapezzarsi, confusione che trae origine nella notte dei tempi: l’immagine di luoghi polverosi, di pratiche messe lì a caso senza capo né coda, in balia magari dei ratti, non è una scherzosa metafora, ma purtroppo la realtà dei fatti e non importa se sono dislocati in grandi città o in piccoli paesini.

Le motivazioni di questo disastro sono intuibili: per cambiare, per innovare, per meccanizzare c’è bisogno di un minuzioso lavoro, di un forte impiego di risorse e di mezzi, soprattutto di tanti “euri”, soldi che i nostri governanti a qualsiasi livello non hanno. Così è meglio lasciare il tutto come un secolo prima! I rischi conseguenti sono sotto gli occhi di tutti: come si fa razionalizzare e applicare tasse e oneri su proprietà immobiliari (azione per certi versi discutibile se non immorale) senza sapere dove colpire? Secondo stime attendibili, esistono in Italia migliaia di terreni non censiti e altrettanti immobili fantasma: la conseguenza è che se si usa il metodo di valutazione secondo la famigerata rendita catastale e questa non esiste o risale ai tempi dei Savoia o dell’amministrazione Borbonica, che si fa? La lotta per ottenere e stabilizzare un’equa pressione fiscale sulle seconde case di proprietà e via dicendo deve partire da presupposti sacrosanti, non dal quasi niente. Insomma, siamo alle solite: l’inefficienza è sovrana, altro che lotta all’evasione sommersa o alla luce del sole che sia. Ma cosa ci importa tanto i soldi, come è di uso dire, “vanno e vengono…”: siamo in Italia, la patria di santi e di eroi e ciò ci deve bastare, è ampiamente sufficiente! Tanto l’onesto Pantalone, e ce ne sono tanti, paga per tutti!







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