Suicidi: uno studio lega la dipendenza da social, smartphone e videogiochi a pensieri autolesivi in aumento negli adolescenti

Un nuovo studio sugli istinti suicidi tra gli adolescenti, pubblicato sulla rivista JAMA, ha rivelato un collegamento diretto tra dipendenza da schermi – in particolare social media, cellulari e videogiochi – e un aumento dei comportamenti suicidari: l’indagine, che ha coinvolto oltre quattromila ragazzi a partire dai 9 anni, ha monitorato per diversi anni la loro relazione con i dispositivi digitali, mettendo in luce come i sintomi di dipendenza da schermo si associno a una maggiore probabilità di sviluppare pensieri o comportamenti autolesivi già prima dei 14 anni.

Tra questi sintomi, la difficoltà a ridurre il tempo di utilizzo, l’ansia quando non si ha accesso al telefono e l’uso dei videogiochi o dei social per “dimenticare i propri problemi”, tutti segnali che, secondo i ricercatori, non andrebbero sottovalutati; il professor Yunyu Xiao, tra gli autori dello studio, ha spiegato che i ragazzi con dipendenza da social e smartphone riportano tassi sensibilmente più alti di pensieri suicidi, piani e tentativi concreti.

La correlazione non riguarda il tempo trascorso davanti allo schermo in sé, ma i comportamenti ossessivi e le reazioni emotive legate all’uso eccessivo e il suicidio, in questi casi, emerge come possibile esito di una difficoltà che aumenta a regolare il proprio rapporto con la realtà, sempre più filtrata da notifiche, messaggi, immagini e interazioni digitali.

È stato osservato che, mentre circa il 60% degli adolescenti mostra livelli bassi e stabili di dipendenza da social, un altro 30% ne sviluppa una graduale che cresce nel tempo, con un picco tra l’undicesimo e il tredicesimo anno d’età, una fase già complessa dal punto di vista emotivo e psicologico.



Suicidi e sintomi depressivi aumentano con la dipendenza digitale: il rischio cresce tra 11 e 14 anni


Lo studio sui comportamenti suicidi tra gli adolescenti parte dell’ampio progetto ABCD (Adolescent Brain Cognitive Development) ha messo in evidenza che quasi il 18% dei partecipanti ha riportato pensieri autolesionisti entro il quarto anno di osservazione, mentre il 5% ha ammesso di aver compiuto almeno un gesto o un piano concreto e le percentuali aumentano nei gruppi con uso problematico di social media e cellulari: chi mostra una dipendenza in crescita ha, secondo i ricercatori, il doppio o triplo del rischio rispetto a chi mantiene un uso regolare.

Le stesse tendenze sono state inidividuate tra i videogiocatori più coinvolti, anche se in misura leggermente inferiore rispetto ai social, e questi dati mostrano un legame sempre più chiaro tra suicidi e abitudini digitali, non tanto nella quantità di tempo speso, ma nel modo in cui questi strumenti vengono utilizzati; Jason Nagata, pediatra presso l’Università della California, ribadisce che la vera differenza la fa l’uso che si fa dello schermo, e non solo la sua durata – un conto è leggere articoli o parlare con un amico, un altro è usare un’app per fuggire dai propri problemi – ed è proprio l’evitamento, dice la psicologa Mary Alvord, uno dei segnali più ricorrenti nei giovani che sviluppano sintomi depressivi.

Tra gli 11 e i 13 anni, ad esempio, il 25% degli adolescenti dichiara di usare i social per distrarsi da pensieri negativi, una percentuale che aumenta col tempo, mentre cresce anche il tempo giornaliero trascorso sui social, passato da 7 a oltre 70 minuti in appena quattro anni; secondo gli autori dello studio, è importante che genitori, insegnanti e medici riconoscano questi segnali e sappiano leggerli come indicatori di disagio, perché spesso – prima dei suicidi – ci sono mesi, se non anni, di allarmi silenziosi che richiedono attenzione concreta.

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