Gli USA stringono accordi miliardari in Asia centrale anche in funzione anti-Cina. Con la quale, però, Trump non riesce a trovare un’intesa
Da una parte, con il Kazakistan, un affare da 4 miliardi di dollari per l’acquisto di locomotive e materiale ferroviario da un’azienda USA, dall’altro 22 aerei per 8 miliardi ordinati alla Boeing dall’Uzbekistan. Contratti che Trump ha annunciato a margine dell’Assemblea ONU di questi giorni approfittando della presenza a New York dei presidenti delle repubbliche dell’Asia centrale: Kassym-Jomart Tokayev e Shavkat Mirziyoyev.
Due accordi che non hanno solo importanza dal punto di vista economico, ma che, osserva Giuliano Noci, prorettore del Polo territoriale cinese del Politecnico di Milano, rappresentano un elemento di pressione sulla Cina nelle trattative commerciali che i due Paesi stanno intrattenendo da quando il presidente americano ha deciso di imporre dazi alle nazioni che esportano negli Stati Uniti, agendo in particolare contro Pechino.
Il negoziato, infatti, nonostante l’ottimismo di Trump, è ancora in alto mare e l’unico affare definito tra i due colossi è il destino di TikTok. Il presidente USA doveva andare in Cina tra poco più di un mese, invece la visita è stata rinviata.
Trump annuncia accordi con Kazakistan e Uzbekistan su ferrovie e aerei, portando a casa commesse per 12 miliardi: gli USA vogliono rafforzarsi in Asia centrale e dare fastidio alla Cina?
È un buon momento per i Paesi dell’asse “stan”, in questo momento molto contesi tra moglie e marito – dove il marito è Trump e la moglie Xi Jinping, o viceversa -, che cercano di portare nelle loro sfere di influenza Paesi cruciali. Credo che comunque i governi di quest’area faranno affari con tutti, anche se per questioni di posizionamento geografico e di vicinanza culturale sarà molto difficile per gli Stati Uniti allontanarli in modo irreversibile dall’alleanza cinese e russa.
Che peso hanno questi due contratti?
Per quanto riguarda gli aerei, Boeing è uno dei pochi fornitori. Ci sarebbe Airbus, ma siccome l’Europa non conta, la realtà è che non ci sono molte alternative al di là degli Stati Uniti. La Cina, in questo momento, ha realizzato una sua piattaforma, ma molti dei componenti arrivano ancora dall’estero.
L’accordo sulle ferrovie, invece, tenendo conto della non buona tradizione degli americani in questo campo, dove sono arretrati dal punto di vista tecnologico, mi pare un evidente segnale della volontà di comprarsi consenso. Spero che i kazaki non si pentano: le ferrovie americane sono in uno stato pietoso, negli Stati Uniti ci sono le big tech, ma non grandi tecnologie ferroviarie.
Qual è la partita che si gioca? Perché Kazakhstan e Uzbekistan sono così importanti per USA e Cina?
Sono importanti per il loro posizionamento nell’Asia centrale, grazie al quale costituiscono il punto di cerniera tra l’Asia orientale, l’Asia occidentale e l’Europa. Sono attorno alla Federazione Russa e rivolti alla Cina, un posizionamento geografico del tutto privilegiato. Inoltre, hanno anche una buona disponibilità di risorse naturali. Per questo insieme i Paesi “stan” sono decisamente contesi. Certamente hanno risorse combustibili fossili e ne hanno in abbondanza. E sono punti di passaggio delle vie logistiche fondamentali: la Via della Seta passa tutta da lì, la via terrestre verso l’Europa anche.
Agendo in questo modo, in che misura gli americani interferiscono con i piani della Cina?
Tutti questi elementi vanno visti nella prospettiva da un lato della rivalità tra USA e Cina e dall’altro della negoziazione tra i due Paesi, che nonostante quello che dice Trump è ancora lontana dalla conclusione. La visita di Trump in Cina prevista per inizio novembre è stata rimandata genericamente a inizio 2026, dimostrazione chiarissima che l’accordo non c’è: il presidente americano deve tenere conto che le trattative con i cinesi sono diverse da quelle con gli altri Paesi.
A che punto è allora il negoziato fra Pechino e Washington che comprende dazi, terre rare, fornitura di chip e quant’altro?
Per ora non si sa nulla di cosa si sono detti americani e cinesi: hanno sbandierato l’accordo per TikTok e Trump ha firmato un ordine esecutivo su questo tema, ma è la rappresentazione plastica del fatto che non avevano altro da dire, perché l’intesa complessiva non c’è. La questione TikTok è definita da un anno, sanno già dove vogliono andare. Gli accordi con Uzbekistan e Kazakhstan vengono utilizzati come forme di pressione e si inseriscono nel quadro di una rivalità strutturale.
I contratti USA in Asia centrale sono anche in funzione antirussa, rompono le uova nel paniere a Putin?
La Russia è un non-attore. In questo momento dipende molto dalla Cina. Quindi io non credo che ci sia un obiettivo antirusso. La capacità di influenza di Mosca sulle ex repubbliche dell’Unione Sovietica è decisamente inferiore rispetto a quella cinese.
(Paolo Rossetti)
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