Il Tar del Lazio ha annullato la circolare del ministero dell'Interno riguardante gli obblighi per chi si occupa di affitti brevi
“È impensabile che si obblighi un imprenditore a consegnare di persona le chiavi dell’alloggio in affitto breve turistico alle 11 di sera o alle 6 di mattina, come se fossimo ancora a trent’anni fa”. Questa la posizione assunta da una delle associazioni che rappresentano i gestori di affitti brevi, a commento della decisione del Tar del Lazio di annullare la circolare del Viminale che imponeva l’obbligo di effettuare l’identificazione degli ospiti dei b&b “de visu” per questioni di sicurezza, abolendo di fatto il sistema del self check-in.
Il Tar ha accolto così il ricorso presentato qualche mese fa dalla Federazione delle associazioni di ricettività extralberghiere (FARE), dopo aver già impugnato il provvedimento del ministero del 18 novembre 2024. I giudici hanno ritenuto l’obbligo di identificare di persona gli ospiti delle strutture ricettive contrastante con la riforma del 2011, che invece semplificava le operazioni di registrazione, nonché non sufficientemente giustificato.
Tutto era nato sull’onda anche emotiva creata dall’overtourism e dalla proliferazione costante degli affitti brevi, con centri storici trasformati a misura di turista, ossia con la scomparsa degli esercizi di prossimità, sostituiti dalle bigiotterie più folkloristiche (una gondola sulle bancarelle di Roma, un mini Colosseo su quelle di Venezia), e la rarefazione dei residenti, che si trasferiscono altrove mutuando la loro casa in appartamenti per vacanze.
La stretta del ministero dell’Interno colpiva soprattutto le keybox, quelle pulsantiere utilizzate per consentire ai turisti di procedere con il self check-in, in assenza del gestore, di fatto favorendo non il piccolo proprietario che cede un pezzo di casa per arrotondare le sue entrate, ma gli imprenditori che gestiscono decine e decine di strutture, di fatto sfruttando regimi fiscali e normative più favorevoli rispetto a un’azienda di hospitality tradizionale.
In questo si è forse confuso l’altro scopo della circolare ministeriale, che si era limitata a chiarire che l’identificazione da remoto degli ospiti delle strutture ricettive non soddisfa i requisiti previsti dalla legge, e aveva ribadito l’obbligo dei gestori di dare alloggio esclusivamente a persone munite di documento d’identità e di comunicare le generalità degli ospiti alle questure territorialmente competenti, entro le 24 ore successive.
Se n’era fatta, insomma, una questione soprattutto di pubblica sicurezza, mentre invece l’altro aspetto interessante era quello di normare un settore che prestava il fianco alle accuse di sperequazione e concorrenza sleale. “Non ci siamo mai opposti alle regole, solo a quelle sbagliate – ha commentato il presidente di FARE Elia Rosciano -. Le regole servono, ma devono essere adeguate ai tempi moderni, alle sfide che ci attendono, per rendere il turismo italiano sempre più attraente e competitivo sul mercato internazionale”.
È evidente che la circolare del ministero, da sola, non poteva bastare, ma avrebbe dovuto forse essere inquadrata in una legge ad hoc, più dettagliata. Ma è altrettanto evidente lo stridore che può risuonare nelle direzioni alberghiere sentendo criticare l’obbligo di consegna delle chiavi a mano con relativo riconoscimento de visu degli ospiti: cosa dovrebbero dire gli albergatori?
L’unione di quelli dell’Alto Adige (Hgv), ad esempio (ma le posizioni si rincorrono pressoché analoghe in tutt’Italia), si dice molto preoccupata. “Se in futuro gli ospiti potranno nuovamente accedere agli alloggi in modo completamente anonimo tramite self check-in, ciò comporterà un rischio maggiore – sostengono in una nota – perché gli alloggi possono essere occupati in modo anonimo e senza supervisione. Mentre le strutture ricettive devono adempiere a numerosi obblighi di legge, gli affitti a breve termine beneficiano sempre più di una zona grigia legale”.
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