Alberto Brambilla, economista e presidente del centro studi “Itinerari Previdenziali”, ha commentato in una intervista a Libero il basso livello di occupazione che l’Italia ha a confronto con gli altri Paesi europei. “Mentre nel 2008 spendevamo in assistenza sociale 73 miliardi di euro, nel 2022 siamo arrivati a quasi 150 miliardi di euro, a cui vanno aggiunti altri 11 miliardi e mezzo di spese degli enti locali. Il risultato è che abbiamo un esercito di manodopera di riserva che non ha pari”, ha sottolineato.
La sensazione dell’esperto è che siano stati proprio i sussidi a condizionare il fenomeno. “Forse questa enorme massa di denaro fa stare talmente bene la popolazione al punto che non ha bisogno di trovarsi un’occupazione. Io penso che la spesa in assistenza vada ridimensionata notevolmente. Senza più la manna dello Stato, magari le persone cominceranno a darsi da fare”. Il reddito di cittadinanza, in tal senso, non è l’unico fattore determinante. “Abbiamo il 57% degli italiani che dichiara di vivere con un reddito medio inferiore a 15 mila euro lordi l’anno. È chiaro che siamo uno dei Paesi più indebitati: se dobbiamo mantenere tutta questa massa di persone che non pagano tasse e contributi sociali è evidente che da qualche parte i soldi vanno presi”.
Alberto Brambilla: “Spesa assistenziale va tagliata”. La questione disoccupati
L’economista Alberto Brambilla, in tal senso, non comprende come sia possibile che si faccia riferimento agli immigrati per coprire i posti di lavoro vacanti. “L’Italia è diventata il fanalino di coda in Europa e tra i 36 Paesi Ocse come tasso di occupazione. Per avere un confronto, in Francia, che ha oltre 60 milioni di abitanti, lavorano 36,5 milioni di persone; noi, che abbiamo una popolazione di quasi 59 milioni, arriviamo a malapena a 23 milioni, più di dieci punti percentuali sotto la media europea. Non solo. A differenza degli altri Paesi avanzati, da noi ci sono 500 mila persone senza fissa dimora e 3 milioni e 400 mila lavoratori in nero. Come si fa a dire, di fronte a questi dati, che senza gli immigrati l’economia italiana si ferma?”, ha riflettuto.
In questo contesto si inseriscono anche i Neet, ovvero i giovani che non studiano e non lavorano. “Sono 3,2 milioni, ovvero il 25% della popolazione tra i 15 e i 32 anni, mentre la media Ue è meno della metà e in Paesi come la Francia e la Germania la percentuale è addirittura inferiore al 10%. Visti questi dati e con 5,6 milioni di persone in povertà assoluta, è possibile che non riusciamo a trovare lavoratori per l’agricoltura?”, ha concluso.