Volto di riferimento di Articolo 1 – MDP, Alfredo D’Attorre ha fatto il punto in casa Sinistra ai microfoni de Il Riformista. Un’analisi franca, onesta e senza mezzi termini, in particolare a proposito dell’alleanza con il Movimento 5 Stelle. «Allearsi è una necessità di fatto, ineludibile se si vuole offrire un’alternativa alla destra. Una necessità che non esclude un rapporto competitivo e sfidante», ha spiegato l’ex parlamentare, per poi rimarcare l’importanza del dialogo con i ceti popolari, “rubati” dai pentastellati negli ultimi anni.
«Il governo Draghi è un’opportunità da cogliere appieno, oltre che una risorsa potenzialmente preziosa per il Paese», l’opinione di Alfredo D’Attorre, che ha acceso i riflettori sulle due partite decisive che attendono il nostro Paese: «La ridiscussione delle regole economiche dell’eurozona dopo le elezioni tedesche e la ridefinizione del nostro interesse nazionale nel rinnovato campo euro-atlantico che l’amministrazione Biden sta provando a ricostruire».
ALFREDO D’ATTORRE TRA SINISTRA E GOVERNO
Tornando sulla discussione a Sinistra, Alfredo D’Attore ha sottolineato l’importanza di un soggetto politico in grado di coniugare idealità e concretezza e che sappia interpretare in maniera credibile una vocazione maggioritaria. Serve «un’area che non si accontenti di piantare bandiere su temi sostanzialmente fuori dall’agenda di governo, ma che riesca ad incidere sui nodi fondamentali della politica economica», l’analisi del politico, senza dimenticare la riforma elettorale. Alfredo D’Attorre è per una riforma in chiave proporzionale, sempre in riferimento all’accordo con il Movimento 5 Stelle, «una necessità, lasciandoci però definitivamente alle spalle l’antipolitica e l’illusione di poter fare a fare a meno di partiti strutturati»: «Un sistema alla tedesca, cioè proporzionale con sbarramento significativo, il 4-5%, che lasci aperta anche per il futuro, se il Paese dovesse avere questa necessità, la possibilità di una maggioranza parlamentare che, con gli equilibri decisi dagli elettori, eventualmente chieda a Draghi, se il negoziato europeo lo rendesse necessario, di proseguire il suo lavoro. E quel negoziato si affronta da Palazzo Chigi, non dal Quirinale».