Dad, voucher, bonus, smartworking, congedi: la famiglia (e la scuola) non possono reggere ancora molto dopo oltre un anno di completa anormalità scandita dall’emergenza pandemia. Il “grido” di allarme arriva dalla sociologa Chiara Saraceno che su Repubblica ha il merito in poche pregnanti righe di raccontare come tutti i pur utilissimi strumenti adottati in questi mesi per ovviare ai lockdown, sono inefficaci alla lunga per una sana e positiva vita familiare (e dunque sociale).
«Secondo il Governo», ma potremmo dire anche “i governi” visto che il grosso delle disposizioni sono state attuate dal precedente esecutivo, «i genitori che possono lavorare a distanza possono anche tranquillamente occuparsi dei loro bambini senza nido o scuola materna, così come di quelli di poco più grandi occupati con la Dad, surrogando anche la mancanza di compagni di giochi. E fare fronte alla normale irrequietezza e bisogno di attenzione di bambini che hanno perso, insieme ai loro riferimenti quotidiani, anche i coetanei e la possibilità di utilizzare gli spazi attrezzati all’aperto». Per la sociologa però proprio la lunga lista di “strumenti Covid” – dalla Dad ai congedi-bonus – non può risolvere il problema reale che tantissime famiglie hanno vivendo ormai da oltre un anno: «Da questa regolazione degli aiuti alle famiglie emerge una ben strana visione sia dei bisogni dei più piccoli sia dei problemi organizzativi che la chiusura di servizi educativi per la prima infanzia e della didattica in presenza ha creato per molti genitori».
ALLARME FAMIGLIE: QUALI SOLUZIONI
Invece di introdurre forme di flessibilità, che lasci di fatto ai genitori la possibilità di trovare la soluzione migliore per la propria famiglia, denuncia ancora Chiara Saraceno su Rep, «le alternative sono fissate con criteri che nulla hanno a che fare con i bisogni dei bambini, la specifica condizione economica delle famiglie, le condizioni effettive di lavoro, sia per chi lavora a distanza che per chi lavora in presenza». Per l’esperta, aiutare i genitori a conciliare il mantenimento del posto di lavoro con la presenza di figli in casa praticamente sempre «non costituisce una soluzione ai bisogni educativi e di socialità delle bambine/i e adolescenti, messi duramente a repentaglio dalla sospensione della didattica e delle relazioni in presenza».
Come uscirne dunque, nonostante la pandemia e i bisogni di non creare assembramenti, vede il necessario ritorno alla socialità per i figli fuori da casa: «Per garantire il più possibile, nelle circostanze pandemiche, il benessere dei bambini, nidi, scuole dell’infanzia e almeno scuole elementari andrebbero aperte al più presto e dappertutto dove a livello locale, non regionale, si sia al di sotto dei parametri da zona rossa. E consentire che rimangano aperti i presidi educativi organizzati dalla società civile e dal terzo settore, dove piccoli gruppi possano accedere anche per la didattica a distanza, con l’accompagnamento di educatori». Non lo chiede solo la Saraceno, ma anche diverse associazioni, il Terzo Settore, EducAzioni e anche i forum familiari: «una maggiore attenzione per le effettive condizioni in cui si trovano molti genitori lavoratori, in particolare madri, aiuterebbe a superare questo periodo difficile, senza costringere molte di loro ad abbandonare il lavoro, come sta già succedendo», conclude la Saraceno su Repubblica.