Gusto e velocità a caro prezzo: gli UPF nel mirino della scienza. Fanno malissimo e mettono a rischio la nostra vita
Si tratta degli UPF, una sigla che dovrebbe farci drizzare le antenne, nonostante richiami alimenti golosi e in grado di dare una rapida e appagante sensazione di sazietà.
Nel carrello della spesa di molti consumatori si sono fatti sempre più strada i cibi veloci, già pronti e confezionati. Sono pratici, appetitosi e spesso economici. Piacciono a grandi e piccoli, riempiono gli scaffali dei supermercati e ci permettono di preparare un pasto in pochi minuti. Ma cosa si nasconde davvero dietro questi alimenti dal gusto irresistibile e dalla lunga durata?
Negli ultimi anni la scienza ha cominciato a sollevare interrogativi sempre più urgenti sulla qualità della nostra alimentazione quotidiana. Non basta più contare le calorie o ridurre i grassi: oggi l’attenzione si concentra soprattutto sul grado di lavorazione degli alimenti. In particolare, cresce la preoccupazione per i cosiddetti ultraprocessati ovvero quei prodotti che subiscono numerose trasformazioni industriali prima di finire sulle nostre tavole.
Il termine può sembrare tecnico, ma riguarda in realtà cibi che molti consumano ogni giorno: merendine, patatine, bevande zuccherate, piatti pronti da riscaldare, cereali da colazione, snack salati e perfino alcuni yogurt alla frutta. Più comuni di quanto si pensi, questi prodotti sembrano innocui ma, secondo la comunità scientifica, potrebbero essere associati a gravi rischi per la salute, fino ad aumentare le probabilità di una morte prematura.
Cosa sono gli alimenti ultraprocessati
Gli alimenti ultraprocessati (indicati con la sigla UPF, dall’inglese Ultra-Processed Foods) sono prodotti realizzati tramite complesse lavorazioni industriali. A differenza dei cibi freschi o minimamente trasformati, contengono numerosi ingredienti – spesso più di cinque – tra cui emulsionanti, coloranti, aromi artificiali, dolcificanti, conservanti e additivi vari.
La loro composizione è spesso sbilanciata: molto ricchi di zuccheri, grassi e sale, ma poveri di fibre, vitamine e sostanze nutritive. Vengono progettati per essere irresistibili, ma il loro impatto sull’organismo è tutt’altro che benefico. Diversi studi scientifici hanno già evidenziato come il consumo regolare di UPF sia legato a un maggiore rischio di obesità, diabete, ipertensione, malattie cardiovascolari, problemi al fegato e persino alcuni tipi di tumori, in particolare a colon, bocca ed esofago.
Un recente studio internazionale, pubblicato sull’American Journal of Preventive Medicine, ha lanciato un ulteriore allarme: “Abbiamo scoperto che per ogni aumento del 10 per cento delle calorie totali di una giornata derivanti da alimenti ultra-processati, il rischio di morte prematura (di una persona tra i 30 e i 69 anni) aumentava di quasi il 3 per cento” ha dichiarato uno degli autori dello studio, il prof. Carlos Augusto Monteiro.
Negli Stati Uniti, dove gli UPF coprono oltre la metà dell’apporto calorico medio, si stima che nel solo 2018 ben 124.000 morti premature siano state legate a questi alimenti. Nel Regno Unito, dove il fenomeno è simile, il dato si aggira intorno ai 18.000 decessi. Al contrario, in Paesi dove il consumo di cibi ultraprocessati è più limitato – come Colombia e Brasile – la percentuale di morti collegate è più bassa, ma comunque significativa.
“Sebbene lo studio non possa dimostrare che il consumo di alimenti ultra-processati sia dannoso, fornisce prove che collegano il consumo a peggiori risultati in termini di salute”. – ha riferito Stephen Burgess, statistico presso l’MRC Biostatistics Unit dell’Università di Cambridge nel Regno Unito che non ha partecipato allo studio – “È possibile che il vero fattore di rischio causale non siano gli alimenti ultraprocessati – ha continuato -, ma un fattore di rischio correlato come una migliore forma fisica, e gli alimenti ultraprocessati sono semplicemente un innocente spettatore. Tuttavia, quando vediamo queste associazioni replicate in molti paesi e culture, sorge il sospetto che gli alimenti ultraprocessati possano essere più di un semplice spettatore”
A questo punto, come difendersi? Non è sempre facile riconoscere un UPF, ma un buon punto di partenza è leggere attentamente l’etichetta. Se l’elenco degli ingredienti è lungo e include sostanze dal nome tecnico (come “sciroppo di glucosio-fruttosio”, “aromi naturali” o “Exyz”), è probabile che si tratti di un cibo ultraprocessato. La raccomandazione degli esperti è chiara: puntare su alimenti freschi e poco lavorati, come frutta, verdura, legumi, cereali integrali e cibi preparati in casa. Un ritorno alla cucina semplice, con ingredienti naturali e conosciuti, è la strategia più efficace per proteggere la propria salute a lungo termine.