Il quotidiano Il Tempo ha intervistato stamane Alessandro Botti, presidente di Ambiente mare Italia, per parlare delle auto elettriche dal punto di vista puramente dell’impatto ambientale delle stesse vetture green. Si parla di auto a impatto zero, ma sarà davvero così? «L’elettrificazione del settore automotive – ha spiegato – è sicuramente una delle soluzioni per il contrasto del surriscaldamento globale, ma è pericoloso pretenderne una sua attuazione in tempi brevi e legislativamente posti. Ritengo che fissare al 2035 la data del passaggio dai motori endotermici ai motori elettrici e l’escludere ogni ulteriore forma di mobilità sostenibile sia una scelta almeno azzardata, da un punto di vista socio economico ma anche da un punto di vista strettamente ambientale». Alessandro Botti contesta quindi le tempistiche e l’obbligo di puntare solamente su una tecnologia, appunto l’auto elettrica. Secondo l’esperto di ambiente, infatti: «Non siamo tecnologicamente pronti e la ricerca scientifica deve ancora dare il suo importante contributo, sia sulla strada della riduzione dei minerali impiegati per la creazione delle batterie che nella delicata fase di riciclo dei componenti esausti. Oggi troppo litio, rame, cobalto e troppe terre rare dobbiamo utilizzare per produrre una singola batteria e troppo costoso è il processo di riutilizzazione delle batterie esauste, che quindi non vengono avviate al riciclo». Ma non finisce qui: «Ancora oggi – prosegue Botti – il 63% dell’energia che utilizziamo per ricaricare le nostre macchine elettriche è prodotta da fonti fossili e così l’elettrificazione dell’automotive si riduce in un semplice spostamento del problema della decarbonizzazione».
C’è poi un altro problema di impatto ambientale: «Studi realizzati in Messico e in Cile ci dicono come l’estrazione del litio stia causando la distruzione di milioni di ettari di foreste e di zone umide, ecosistemi che come dice proprio l’Europa, sono tanto vulnerabili quanto fondamentali sulla strada del contrasto al surriscaldamento globale. Per ogni tonnellata di litio estratto devono essere utilizzati due milioni di litri di acqua”. Quindi l’esperto si dice dubbioso: “Approviamo in Europa la Nature Restoration Law per il recupero delle zone umide e le foreste e in nome dell’elettrificazione del trasporto le distruggiamo altrove. Perseguiamo politiche contro la siccità nel nostro continente, ma desertifichiamo ampie aree in altri Paesi».
AUTO ELETTRICHE: “LA LORO PRODUZIONE HA UN COSTO SOCIALE E NON SOLO”
La produzione di batterie per le auto elettriche solleva un problema anche dal punto di vista sociale: «Pur volendo prescindere dall’allarme lanciato dall’Unicef per i 40.000 bambini impegnati nelle miniere di cobalto del Congo esposti ad esalazioni tossiche veri e propri schiavi della transizione ecologica, rilevo come la transizione al trasporto elettrico non potrebbe mai essere rispettosa di quei canoni di sostenibilità, equità e inclusività che dovrebbero caratterizzare ogni politica ecologica».
Secondo Botti c’è poi un problema più pratico, quella dell’installazione delle colonnine di ricarica: “Nel 2022 il parco circolante italiano è arrivato alla quota di 39.272.000 automobili; immaginare un passaggio alla mobilità elettrica entro il 2035 comporterebbe quindi, ad esempio, nei centri storici delle nostre bellissime città d’arte l’assurda creazione di foreste di colonnine, con l’impatto che lascio immaginare». In ogni caso l’esperto si dice d’accordo con la norme sulle auto elettriche ma contesta le tempistiche: “Ci siamo già passati più volte: alla comparsa della telefonia mobile a nessuno venne in mente di fissare una data entro la quale dovessero essere dismesse le linee telefoniche e residenziali o ancora la possibilità di inviare mail non indusse alcuno, il nome del risparmio della carta, a vietare l’invio di lettere o raccomandate”.