“28 anni se fosse ancora vivo”: i misteri, i trucchi, le metafore riempiono una delle copertine più iconiche della storia del rock, quella del disco Abbey Road (penultimo a uscire dalla band anche se le registrazioni in esso contenute sono precedenti a quelle comprese nell’ultimo effettivo disco dei Beatls, Let it be, uscito un anno dopo). Di fatto i Beatles erano già morti quando uscì quello che anche musicalmente è considerati da molti il loro disco più bel in assoluto. Era l’8 agosto di 50 anni fra esatti, è quasi mezzogiorno di una giornata calda e afosa e con loro è presente solo il fotografo Iain Macmillian. Devono realizzare la foto di copertina del loro nuovo disco, e dopo varie idee, del solito Paul McCartney, che ormai da anni era il leader gel gruppo, il più creativo, il più geniale da quando aveva creato il capolavoro Sgt Pepper’s, l’unico che voleva tenere insieme la band, ha studiato varie idee. La più complicata è quella di recarsi ai piedi del monte Everest, farsi fotografare e tornare a Londra. Scartata. Allora decidono di farsi fotografare su quelle strisce pedonali che negli otto anni di carriera hanno attraversato milioni di volte, quelle strisce che attraversano la strada per portare agli studi discografici Abbey Road dove hanno inciso ogni loro capolavoro. Ma la scelta, apparentemente casuale, è studiatissima. Si capirà con il senno di poi. Hanno solo dieci minuti di tempo per fare la foto, tanto il vigile urbano è disposto a dare loro per fermare il traffico. Lo scatto prescelto è il terzo tentativo di sei. E veniamo ai significati metaforici. Innanzitutto i Beatles vengono fotografati che camminano da sinistra verso destra, cioè lasciando gli studi di Abbey Road. Il messaggio era chiaro: la storia (o il sogno, come avrebbe detto Lennon) è finita, stanno abbandonando il posto dove hanno lavorato insieme per anni. E’ l’unica copertina dei Fab4 dove non appare il nome del gruppo (come dire, non esistiamo più) ma neanche il titolo: sarà chiamato dai fan e dai giornalisti Abbey Road per il luogo in cui fu scattata la foto, ma loro non avevano avuto neanche la voglia di pensare a un titolo. Analizzando gli elementi poi la foto sarebbe una autentica processione funeraria. Da tempo, dal 1966, si raccontava che Paul McCartney era morto due anni prima in un incidente di macchina e che fosse stato sostituito con un sosia per tenere in piedi il gruppo. Davanti a tutti, vestito completamente di bianco, cammina John Lennon, come se fosse il ministro del culto funerario secondo diverse religioni orientali di cui i Beatles erano appassionati; segue Ringo Starr vestito completamente di nero, il becchino, colui che porta la bara; Paul è il terzo ed è l’unico a camminare scalzo, come scalzi sono i morti deposti nella bara, e non tiene il passo degli altri tre, inoltre è l’unico che ha in mano una sigaretta che ai tempi venivano soprannominate “i chiodi della bara” (è mancino e la tiene con la destra); chiude George Harrison, vestito sia camicia e pantaloni di jeans, quello che scava la fossa.
IL TURISTA MISTERIOSO
Quindi la targa del maggiolino Volkswagen parcheggiato in divieto di sosta che non si fece in tempo a far spostare: LMW 281F. Alcuni hanno sostenuto che significherebbe “Linda McCartney Window”, Linda, la moglie di Paul, è vedova, o anche Linda McCartney Weeps, Lina piange. “28 IF” sta per 28 anni se fosse ancora vivo. C’è un altro mezzo parcheggiato sul lato destro della strada, un grosso furgone nero, che ricorda i cosiddetti “Black Maria”, utilizzati dalla polizia mortuaria negli incidenti stradali. Ma la cosa più inquietante è l’unica persona oltre ai quattro Beatles, un signore di una certa età che osserva di lontano. Che sia la Morte stessa? In realtà era un turista americano che si trovava là per caso, Paul Cole, non sapeva manco chi fossero i Beatles e osservava quei quattro che si facevano fotografare mentre attraversavano la strada. Decenni dopo, rintracciato, disse di non aver nemmeno mai ascoltato il disco. Eppure è anche lui nella leggendaria foto. Oggi, lo sanno tutti, ogni turista che si reca a Londra si reca ad attraversare le strisce pedonali di Abbey Road, con risultati il più delle volte imbarazzanti e causando l’arrabbiatura degli automobilisti che spesso rischiano di investirli. Innumerevoli le parodie realizzate negli anni della iconica foto. Resta il fatto che rappresenta davvero la fine di un’epoca bellissima, gli anni 60, che i Beatles stessi avevano creato, guidato, facendo sognare il mondo e che adesso “stavano uccidendo”. Ma così è la vita. Resta a epitaffio imperituro la frase che chiude il bellissimo disco: “And in the end The love you take Is equal to the love you make”, alla fine l’amore che ottieni è identico all’amore che offri”. Questi furono gli anni 60, il decennio dell’amore universale.