L'economia spagnola cresce più della media europea. È bene, però, guardare più da vicino la situazione del Paese iberico
Gli ultimi dati del Fmi mostrano un quadro europeo certo non entusiasmante, con un’unica, com’è ormai abitudine da qualche anno a questa parte, positiva eccezione, quella della Spagna, che ancora una volta sorprende per i suoi dati sul Pil: crescerà del 2,9% nel 2025 e del 2,6% nel 2026, a fronte di una media europea che stenta ad arrivare al 1%. L’economia spagnola, insomma, continua a marciare a una velocità più che doppia rispetto al resto d’Europa.
Occorre, però, come fa il Fondo monetario internazionale, leggere i dati anche in controluce per capire se la situazione spagnola sia un unicum virtuoso o se comunque dietro a dati certamente positivi si nasconda qualche ombra. Ebbene, certamente l’economia spagnola è in buona forma, trascinata dal settore dei servizi, turismo in primis, e da quello della tecnologia, dal momento che il Paese sta molto investendo sul settore e sulla formazione dei giovani.
Le riforme fatte dal Governo Rajoy sul lavoro nel 2012, che l’attuale ministro del Lavoro, la vicepremier e leader di Sumar, Yolanda Diaz, ancora adesso critica e vorrebbe smontare, hanno contribuito a rendere il mercato più flessibile, facilitando le assunzioni, grazie a politiche di sgravi (che è la stessa ricetta che sta portando in Italia il Governo Meloni), e i licenziamenti (dopo tre trimestri di calo le imprese possono licenziare la forza lavoro con indennizzi anche abbastanza contenuti).

La riforma era ritenuta necessaria per far fronte a una situazione occupazionale che era diventata insostenibile, con oltre 5 milioni di disoccupati (il 22,8%, dato più alto d’Europa) e quella giovanile a quasi il 50%. Una riforma che ha certamente aiutato le imprese e la crescita e ridotto la disoccupazione (oggi si attesta all’11,3%), ma che non ha risolto fino in fondo i problemi della produttività del lavoro, per esempio, che rimane ai livelli ancora troppo bassi, aumentando comunque la precarietà del lavoro.
Se si fa un paragone con il nostro Paese, la crescita occupazionale italiana è basata soprattutto su contratti a tempo indeterminato e su una crescita record dell’occupazione femminile. In Spagna, invece, esiste ancora una forte sottoccupazione femminile, malgrado il Governo Sanchez si intesti di essere l’Esecutivo più attento alle problematiche delle donne. Il Pil pro capite in Spagna è di 29,193 dollari (in Italia di 34.398), è ancora basso e la crescita poderosa del Paese, che si spiega anche con il livello molto più basso da cui partiva rispetto ad altri come Francia, Italia e Germania (negli anni 80 la Spagna era ancora un Paese prevalentemente basato sul settore primario e sul turismo).
La Spagna poi deve far fronte anche a profonde diseguaglianze territoriali (ben più alte che in Italia) con zone come quella della Catalogna che hanno livelli di ricchezza e di crescita, ben sopra la media europea, e altre come l’Extremadura che sono ancora in una fase di forte sottosviluppo, e fortissimi squilibri sociali. Questo determina il fatto che ci sono ancora oltre 4 milioni di spagnoli sotto al livello di povertà.
La crescita, quindi, non ha particolari riflessi sulla maggior parte della popolazione. L’economia spagnola poi beneficia anche di un costo dell’energia assai più basso rispetto a quello del nostro Paese, grazie a un meccanismo concordato con l’Unione europea, che ha permesso al Governo di intervenire per calmierare i prezzi del gas (denominata eccezione iberica). Infine, occorre poi aggiungere che sulla crescita del Pil concorre anche l’aumento in controtendenza rispetto al resto dell’Europa, della popolazione, grazie all’arrivo di immigrati regolari.
Negli ultimi due anni, infatti, i residenti sono aumentati del 2,5%, circa due punti in più rispetto alla media Ue e quasi tre rispetto all’Italia, dove la popolazione è diminuita dello 0,2%. Su questo influisce anche la vicinanza culturale e linguistica con i Paesi dell’America Latina, che hanno proprio lì, la loro prima e naturale destinazione quando decidono di emigrare. Questo favorisce chiaramente un aumento del Pil nominale e di conseguenza della ricchezza del Paese.
Quindi, al di là di dati economici che parlano comunque di una crescita poderosa della Spagna, bisogna aggiungere che non è proprio oro tutto quel che luccica.
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