Iniziamo l’ultima sezione, divisa anche stavolta in due puntate, con gli ultimi venti film di questa carrellata. Parleremo di film “interessanti”, a volte opere di registi affermati imperfette ma con molti spunti che meritano attenzione o piccole chicche, film sperimentali o sorprese provenienti da autori poco conosciuti. Come sempre si tratta di titoli usciti al cinema nella stagione cinematografica che si conclude con l’estate. In realtà, sempre più spesso alcuni film interessanti “saltano” il non sempre sicuro passaggio cinematografico per uscire direttamente in dvd o pay tv. A correre questo “rischio” (il cinema è un’altra cosa…) è stato il capolavoro The Road, poi per fortuna uscito in sala. Ma ci sono almeno due film di recente distribuiti in dvd o pay da recuperare, su cui non possiamo soffermarci ma che meritano un cenno: The Blind Side, storia di un’adozione che ha commosso l’America e regalato l’Oscar a Sandra Bullock, e Il maledetto United, che rievoca le gesta di un grande allenatore di calcio (del Leeds United) nell’Inghiltera anni 70.
Film interessanti
Partiamo da un film e da un regista discusso: Baarìa di Giuseppe Tornatore, che in questo costoso kolossal racconta la storia della sua famiglia – che si nasconde dietro la famiglia Torrenuova – e con essa la storia della sua città, Bagheria, e indirettamente dell’intera Italia. Un affresco complesso e potente ma talvolta confuso, grondante di sentimento che può emozionare o irritare. Con Tornatore avviene spesso così, ma è tra i pochi registi che crede nel cinema come mezzo espressivo e ne esalta le possibilità narrative. Sapesse controllare meglio la materia narrativa, farebbe capolavori in serie. Certo, è uno di quei film che sullo schermo televisivo perde parecchio: se vi capita di vederlo in qualche cinema (magari all’aperto) che lo ripropone è meglio. Ma vale comunque la pena.
Altro regista italiano che in genere divide pubblico è critica è Gabriele Muccino, che come Tornatore è più apprezzato all’estero che da noi. Soprattutto in America: Tornatore per l’ormai lontano Oscar a Nuovo cinema Paradiso, Muccino per i film girati laggiù con Will Smith (l’ottimo La ricerca della felicità e il pessimo Sette anime). Con Baciami ancora è tornato, quasi dieci anni dopo, ai personaggi del suo maggior successo in patria: L’ultimo bacio. Quei trentenni più o meno in crisi ora sono quarantenni, e stanno mediamente peggio. C’è sempre l’amore a mandarli fuori giri: non tutte le storie che si incrociano sono convincenti, ma il regista romano è sincero nel rappresentare un’umanità dal cuore impazzito, che vorrebbe la felicità e sa creare solo danni.
Per esempio, mandando a pezzi matrimoni e lasciando scie di rancori e a volte anche figli senza padri o comunque divisi tra i genitori. Quei personaggi, lui, sembra davvero conoscerli bene, li ama e li giudica. Ne emerge, tra tante cose che non girano a dovere, la famiglia come punto di riferimento ineliminabile e l’importanza della figura del padre. Ma la cosa più interessante – come nel primo film – è l’ammissione di un’inquietudine che colpisce proprio quando sembra che la vita vada bene. “Cos’è che mi manca?” continua a chiedersi il protagonista Carlo?
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Rimaniamo sul cinema italiano con La nostra vita di Daniele Luchetti, ancora in circolazione. Elena e Claudio si amano, e sono davvero belli da vedere insieme, giovani ma con già due figli e un terzo in arrivo. Lui lavora tanto, come operaio nei cantieri di edilizia alla periferia di Roma, ma lascia spazio agli affetti e alla famiglia (fratello e sorella compresi). Poi la moglie muore improvvisamente, proprio mentre dà alla luce il terzo figlio. A Claudio crolla il mondo addosso, si incattivisce, decide di giocare sporco nel lavoro. Il suo obiettivo diventa arricchirsi, per risarcire i figli della perdita della madre e poter loro concedere almeno delle “cose”.
Ma è una vita piena di azzardi, e lui rischia di saltare. Un ottimo Elio Germano (miglior attore a Cannes) in un film non del tutto convincente, che mette sul piatto tanti temi e spunti interessanti (l’impossibile compensazione del dolore con la ricchezza e i beni materiali, la solidarietà della famiglia, la paternità diretta ma anche quella vissuta nei confronti di un adolescente orfano, le tensioni sociali del mondo del lavoro). Troppi fatti, svolte, personaggi in poco più di un’ora e mezzo. Ma rimane un buon esempio di cinema italiano.
Lasciamo l’Italia ma rimaniamo sul tema della morte, e ancora di una morte della persona amata, che nel thriller Shutter Island del grande Martin Scorsese ha un ruolo importante. I colpi di scena sono tanti in questo film che richiama i noir degli anni 40 e 50 e che inizia con due agenti federali che si recano in un manicomio criminale nell’isola di Shutter (al largo di Boston) per indagare sulla scomparsa di una paziente. Tra numerose citazioni e omaggi a Orson Welles, Alfred Hitchcock e Jacques Tourneur (Le catene della colpa), il film vira spesso verso l’horror, il thriller e perfino il fantastico. Non tutto si tiene e lo sciogliersi del mistero delude un po’, soprattutto perché più “spiegato” che mostrato. Ma il personaggio di Leonardo Di Caprio (sempre più bravo) colpisce, e il suo segreto terribile è un colpo al cuore.
Anche nel piccolo film austriaco Revanche – Ti ucciderò, diretto da Götz Spielmann, la morte della propria donna è il motore di una vicenda cupa e pronta a esplodere in tragedia. Un piccolo delinquente ama una prostituta e vuol portarla via da quel giro. Per questo progetta un colpo, che li sistemi senza problemi. Ma qualcosa va storto, e lei rimane uccisa dalla pallottola di un poliziotto. Una morte che l’uomo vuole vendicare, a ogni costo. Peccato per qualche facile concessione alla descrizione di un degrado umano con scene fin troppo realistiche che potrebbero disturbare. Ma il tema del delitto e del castigo acquista echi potenti, e quel crocefisso che ogni tanto, da una strada, viene inquadrato a osservare gli eventi non sembra casuale.
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Sicuramente interessante, come lo è soprattutto per il tema, Ragazzi miei dell’australiano Scott Hicks (che si rivelò negli anni 90 con Shine), in cui il protagonista è la star britannica Clive Owen. Anche in questo caso la morte toglie di mezzo la moglie del protagonista, un giornalista giramondo che dovrà far fronte all’educazione del figlio di sei anni, mentre dall’Inghilterra lo raggiunge un altro figlio, adolescente, frutto di un precedente matrimonio. Ultimo di tanti film recenti che mettono in luce l’importanza della figura del padre dopo decenni di teorizzazione della sua marginalità, Ragazzi miei riflette sulla difficoltà di educare. E lo fa senza troppi eccessi retorici o assolutori, elementi che entrambi si prestavano bene alla vicenda.
Cambiamo genere con Moon, film di fantascienza d’autore firmato dall’esordiente Duncan Jones (figlio del cantante David Bowie). Sam Bell, operaio dello spazio, da tre anni è sulla Luna e sogna di tornare a casa da moglie e figlia. Ma un incidente lo blocca: sarà l’inizio di una discesa nella follia. Con pochi soldi, il giovane regista confezionare un film pregevole e originale (che pure cita i classici del genere, su tutti 2001 Odissea nello spazio e Solaris), che mette in primo piano la psicologia del protagonista all’azione (molto carente). Prova riuscita grazie a un attore praticamente da solo per tutto il film, l’ottimo Sam Rockwell.
Altro film curiosissimo è Fantastic Mr Fox, esempio di animazione sui generis: sia tecnicamente (è quella antica della “plastilina in movimento”) che per i temi, che lo indirizzano a un pubblico adulto o quanto meno di adolescenti o giovani. Un limite, perché entrambi i “target” non si sono fidati della proposta di Wes Anderson, confinata a una ristretta nicchia di pubblico. Eppure il regista di I Tenenbaum, partendo da un racconto di Roald Dahl, tocca i “suoi” temi, dalla diversità come disagio e come risorsa al rapporto col padre.
Mr Fox è una volpe combattuta tra la passione per i furti e le responsabilità della famiglia. Mentre il figlio, che teme di non reggere il confronto con un padre sempre spavaldo, è schiacciato da un senso di inferiorità. Ma quando padre e figlio accetteranno di star di fronte ai propri limiti e a quelli dell’altro, cresceranno insieme. Inconsueto, non facile, ma bello: per chi ama le sfide.
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Film per ragazzi a tutto tondo, invece, è Nel paese delle creature selvagge di Spike Jonze, in cui un bambino di 8 anni, che soffre per la separazione dei genitori e per la solitudine, si ritrova in un’isola popolata da creature selvagge. Che rappresentano le sue paure e i suoi desideri. Anche in questo caso, il piccolo protagonista dovrà affrontare se stesso e le sue “ombre” per crescere. Visionario come lo sa essere il regista di Essere John Malkovich, e funzionale a mostrare potere e limiti della fantasia.
Infine, per concludere, il maestro visionario per eccellenza: Hayao Miyazaki, imperatore dell’animazione giapponese di cui è stato distribuito per la prima volta al cinema Il mio vicino Totoro, film ormai vecchio di vent’anni, sull’onda dei suoi recenti capolavori (tra cui la città incantata e Ponyo sulla scogliera). Al centro della storia due bambine e la scoperta della natura, o meglio del creato.
Anche qui le bambine sono attratte e spaventate al tempo stesso dagli spiriti del bosco, diventando alla fine amiche di Totoro, re degli spiriti. I bambini non coglieranno tutti piani di lettura ma saranno affascinati dalle immagini incantate di Miyazaki, gli adulti che hanno ormai imparato ad amarlo non si faranno sfuggire questa sua chicca riemersa dal passato.
(5 – continua)