E’ morto stanotte alle 3.30 Ivan Ruggeri, 68 anni, dal 1994 al 2008 presidente dell’Atalanta. Era in stato vegetativo dal 16 gennaio 2008 quando, durante una risonanza magnetica all’ospedale di Zingonia, venne colpito da emorragia cerebrale. Nonostante una delicata operazione al cervello, Ruggeri non si era risvegliato e nelle ultime settimane le sue condizioni erano sensibilmente peggiorate. Lascia la moglie Daniela e i figli Francesca e Alessandro, che hanno gestito le aziende di famiglia e anche l’Atalanta prima della cessione del club ad Antonio Percassi. I funerali si svolgeranno lunedì alle 15.00 a Telgate, paese della provincia di Bergamo dove Ruggeri era nato il 14 ottobre 1944. Imprenditore, lo sport è stato centrale nella sua vita al pari di lavoro e famiglia. Il primo amore era stato il ciclismo, ma la morte della mamma gli impedì il passaggio da dilettante a professionista: cominciò a lavorare, fino a quando iniziò a raccogliere gli scarti in plastica, creando un “impero” in questo settore. Come dirigente si coinvolse prima con il basket, in particolare con la Binova che portò Bergamo in serie A1, ma è l’Atalanta che segnerà la sua vita: nel 1977 rileva il 19% del pacchetto azionario e diventa consigliere del presidente Bortolotti. Se ne andò quando Percassi per la prima volta comprò la società, ma nel 1994 rileva le quote proprio di Percassi e diventa il diciottesimo presidente della storia dei nerazzurri bergamaschi. Prese il club in condizioni economiche precarie e lo fece tornare a grandi livelli. Ebbe però problemi con gli ultrà: “Sono un branco di caproni”, disse dopo l’ennesima violenza. Frase che gli costò anni di contestazione e scritte “Ruggeri vattene” sparse in tutta la provincia. Furono comunque +gli anni di Pippo Inzaghi capocannoniere in A, di Vieri, della banda Vavassori, di Doni al Mondiale 2002, della prima esperienza a Bergamo di Colantuono, per non parlare dei tanti successi giovanili e del centenario nel 2007: “I nostri cento anni, diciamolo sottovoce, sono un successo. Siamo un piccolo Davide in mezzo a tanti Golia. Abbiamo raccolto. Saremo provincialotti, fuori del tempo. Ma siamo le formichine di cento anni fa”, scrisse per l’occasione.
Il calcio moderno non gli piaceva, dai vivai ai diritti televisivi alla violenza: dopo gli incidenti di Atalanta-Milan 2007 disse chiaro “Certa gente non la voglio più nel mio stadio”. Poi la malattia, ma l’Atalanta e Bergamo tutta gli devono molto.