Nessuna sorpresa oggi a Roma, presso il Tribunale Nazionale Antidoping (TNA): Riccardo Riccò non si è presentato alla lettura della sentenza, e la condanna è stata pesantissima: dodici anni di squalifica. Tutto come era stato ampiamente previsto, insomma. La squalifica – che di fatto equivale a una squalifica a vita e implicherà la fine della carriera per il ciclista emiliano – giunge per la famosa autotrasfusione di sangue a cui Riccardo Riccò si sottopose il 6 febbraio dello scorso anno. Quel giorno Riccò fu ricoverato in ospedale dopo aver accusato un grave malore al termine dell’allenamento quotidiano, malore che risulterà dovuto ad un blocco renale. Riccò rischiò anche la vita, ma una volta passata l’ansia per le sue condizioni di salute emerse la dura realtà. Il medico che lo aveva preso in cura dichiarò che il ciclista – allora in forza alla Vacansoleil – gli aveva confessato di aver effettuato una autotrasfusione di sangue che conservava in frigo da diversi giorni. Per Riccò fu l’inizio di una seconda vicenda doping che ha di fatto segnato la fine della sua carriera. Infatti il forte ciclista di Formigine (provincia di Modena) era già stato coinvolto in uno scandalo doping al Tour de France 2008. Dopo un inizio di carriera molto positivo, che già nel 2007 lo aveva visto sesto al Giro d’Italia (con straordinaria vittoria di tappa alle Tre Cime di Lavaredo) e secondo al Giro di Lombardia, il 2008 sembrava essere l’anno della consacrazione di quello che tutti gli appassionati italiani speravano essere l’erede di Pantani. Infatti al Giro d’Italia fece ancora meglio, vincendo due tappe e soprattutto arrivando secondo in classifica generale, insidiando la maglia rosa di Alberto Contador fino al penultimo giorno; sulle ali dell’entusiasmo decise di correre anche il Tour de France – che non aveva in programma – e l’inizio fu a dir poco esaltante: vinse due tappe ed era leader delle classifiche dei giovani e degli scalatori quando – il 17 luglio – la gendarmeria gli notificò la positività al Cera (Epo di terza generazione). Allo scadere della squalifica, ritornò a correre nel 2010 ed ottenne alcuni buoni risultati, come la vittoria del Giro dell’Austria e della Coppa Sabatini, ma poi arrivò – mentre stava preparandosi per la stagione 2011 – quella autotrasfusione che ne mise a rischio la vita e lo portò ad essere sospeso dal Coni.
Ora arriva la sentenza definitiva: il Tna ha accolto pienamente la richiesta della Procura del Coni, che aveva richiesto appunto dodici anni di stop. Ora possiamo solo augurare a Riccò di sapersi costruire una “seconda vita” serena lontana dal ciclismo.
(Mauro Mantegazza)