L’appuntamento è per venerdì 13 marzo. Non solo una sfida potenzialmente importante per il futuro dell’Olimpia Milano nell’Eurolega (contro l’Unicaja Malaga); anche e soprattutto la “Mike D’Antoni night”. Nel corso dell’intervallo infatti avverrà la cerimonia del ritiro della maglia numero 8 di Mike D’Antoni. Per 12 stagioni il playmaker americano ha vestito la maglia dell’Olimpia: ha vinto cinque scudetti, due Coppe Italia, due Coppe dei Campioni, una Coppa Korac e una Coppa Intercontinentale, cioè tutto. Un giocatore che in Europa non si era mai visto: D’Antoni arrivò in Italia nel , dopo aver collezionato esperienze nella NBA (con i Kansas City Kings – fu inserito nel secondo quintetto delle matricole del 1974, era stato scelto con la ventesima chiamata in uscita da Marshall University – e per due partite con i San Antonio Spurs) e ABA (Spirits of St. Louis). Nel 1990, al suo ritiro, è stato premiato come miglior playmaker della storia del campionato italiano. Con l’Olimpia una media di poco superiore ai 12 punti a partita, anche se non sono certo le marcature a definirlo; appese le scarpette al chiodo ha iniziato ad allenare proprio a Milano, vincendo la Coppa Korac nel 1993. Passato alla Benetton Treviso ha messo in bacheca uno scudetto, la Coppa Italia e la Supercoppa Italiana oltre alla Coppa Europa; poi il grande salto nella NBA. Male con i Denver Nuggets, benissimo con i Phoenix Suns (dopo un’altra parentesi a Treviso, coincisa con il secondo scudetto) che con il suo stile run & gun (letteralmente “corri e tira”) ha portato la franchigia dell’Arizona alla finale di Conference per due volte, senza però riuscire ad andare a giocarsi il titolo. Nel 2005 ha vinto il premio di allenatore dell’anno; vice di Mike Krzyzewski nella nazionale americana in due occasioni, le sue esperienze con New York Knicks e Los Angeles Lakers non sono state brillanti. L’Olimpia Milano ne celebra il talento come giocatore e mente pensante di una squadra dominante in Italia e in Europa, una squadra che tra gli altri annoverava un certo Bob McAdoo (seconda scelta assoluta, rookie dell’anno, All Star e miglior marcatore stagionale ai tempi della NBA, con i Buffalo Braves), un giovane Riccardo Pittis e un Dino Meneghin che nonostante fosse sul viale del tramonto disputò nove stagioni con D’Antoni.
(Claudio Franceschini)