Innanzitutto la vicenda, così come pervenuta attraverso le ricostruzioni Giovedi 19 gennaio, stadio Giuseppe Meazza, Milano. Sera. Massimo Moro, tifoso del Genoa, un’ora prima dell’inizio della partita della sua squadra contro l’Inter (ottavi di Coppa Italia) cerca di entrare allo stadio. I poliziotti lo notano, si accorgono del suo stato “alticcio” – chiamiamolo così – e lo scortano verso la Questura. Qualche ora dopo, Moro è in ospedale, in coma farmacologico, con un trauma cranico. Questi i fatti. Cos’è successo tra l’arrivo in Questura e il ricovero del giovane? La vicenda è avvolta nel mistero. Per i familiari di Massimo (la sorella Veronica è stata intervistata dai microfoni di Sky Sport, così come il cognato presente con lui allo stadio) le forze dell’ordine l’avrebbero picchiato in modo del tutto gratuito. I poliziotti coinvolti danno un’altra interpretazione: il ragazzo sarebbe stato ubriaco e avrebbe cercato, totalmente fuori controllo, di aggredire gli agenti e scappare, dando origine a una colluttazione che si sarebbe conclusa con Moro che sbatte la testa contro il pavimento e si procura il trauma. Le certezze sono due: il ragazzo è fuori pericolo, come assicurato dai medici; e dovrà comunque rispondere di violenza e resistenza a pubblico ufficiale. Insomma, l’ennesima vicenda che vede coinvolti polizia e tifosi, tifosi e polizia. Con chi prende le difese dell’uno e chi dell’altro, in un “conflitto” che divide da sempre. Certo si ricorderanno i precedenti più eclatanti, la morte dell’agente Raciti a Catania e l’assurda follia di Spaccarotella all’Autogrill costata la vita al laziale Gabriele Sandri. Del tema si è interessato anche il cinema: proprio ieri, combinazione del tutto casuale, Pierfrancesco Favino (uno dei protagonisti del film) ha “twittato” dal suo profilo i primi sei minuti di A.C.A.B. (acronimo ormai arcinoto per “All Cops Are Bastards”, slogan coniato in Inghilterra dagli skinheads degli anni Settanta; non c’è bisogno di traduzione), pellicola in uscita il 27 gennaio, diretta da Stefano Sollima e tratta dall’omonimo libro di Carlo Bonini. E’ la storia di tre quarantenni o giù di lì che, impiegati in un nucleo speciale di polizia, affrontano la quotidianità fatta di scontri e tafferugli contro ultras, black bloc, No TAV eccetera. Un film che parla della violenza dilagante ovunque. Luoghi comuni? Visione distorta? Forse sì, e forse no. Quello che molto spesso non si dice, e che forse andrebbe approfondito, è questo: buoni e cattivi, nel senso stretto di fiabe e romanzi, non esistono. L’uomo è uomo, e in quanto tale può sbagliare. Farsi prendere dall’emozione del momento, da un raptus, o semplicemente bere troppo. E questo riguarda tutti, dal poliziotto al tifoso. (Claudio Franceschini)