Scontri Cambogia-Thailandia: rischio guerra. Ma Phnom Penh chiede il cessate il fuoco Due oligarchie in lotta dietro una disputa di confine
Venti di guerra anche nel Sud-est asiatico. Fra Cambogia e Thailandia si è alzata la tensione, tanto da pensare addirittura a un conflitto vero e proprio, anche se nelle ultime ore Phnom Penh ha chiesto il cessate il fuoco immediato e la risoluzione pacifica della vicenda. Uno scontro che ufficialmente è motivato da questioni di confine, secondo l’annosa vicenda, di cui si sono occupati anche i giudici internazionali, del tempio induista di Preah Vihear, che si trova in una zona a cavallo tra i due Paesi.
Dietro, però, spiega una fonte cambogiana che rimane anonima interpellata da Il Sussidiario, c’è una lotta fra due oligarchie. Militarmente la Thailandia è superiore e alla Cambogia converrebbe evitare altri scontri più che ai nemici, ma non è detto che basti per “rinfoderare” le armi. Intanto, Malesia e Cina si sono proposte per mediare e trovare una soluzione diplomatica. Ma la guerra ha già fatto almeno 16 morti e messo in fuga 130 mila persone.
Cambogia e Thailandia protagoniste di scontri per questioni di confine. Ma davvero si affrontano con le armi solo per la zona del tempio di Preah?
No, evidentemente ci sono altre questioni, non solo il tempio, che è lì da molti secoli, con confini che risalgono ai tempi del protettorato francese. È uno spazio conteso perché sorge proprio al confine, ma è anche un crocevia nei pressi di un confine estremamente poroso. I motivi dello scontro, però, sono altri.
Quali?
È complesso da spiegare: tra i due Paesi, comunque, la Thailandia è decisamente superiore, sia da un punto di vista economico che da quello militare: ha 361 mila soldati, tre volte quelli del nemico e, come riporta la CNN, nella classifica delle capacità militari di 27 Paesi della regione, Bangkok occupa la posizione numero 14, Phnom Penh la 22. Direi che alla Cambogia non conviene un conflitto bellico, con nessuno, non solo con la Thailandia.
I due Paesi nei mesi scorsi sono stati al centro di uno scandalo che ha portato alla sospensione del primo ministro thailandese: i rapporti sono tesi già da un po’?
C’era stata una fuga di notizie rispetto a una telefonata fra l’attuale presidente del Senato, l’ex primo ministro cambogiano Hun Sen, e l’allora prima ministra thailandese Paetongtarn Shinawatra. Quest’ultima, nel colloquio telefonico, aveva messo in dubbio l’autorevolezza di alcuni militari thailandesi di alto rango. Un episodio che le ha creato grande imbarazzo e che ha portato alla sua sospensione.
Sullo sfondo dell’attuale scontro, in realtà, c’è un conflitto tra oligarchie: quella thailandese, di cui questa politica era una figura eminente, e quella cambogiana, che fa riferimento all’attuale presidente del Senato e al primo ministro, che è suo figlio. Lo scontro è fra i due Paesi, ma dietro c’è questo scenario. La vicenda dei confini potrebbe essere risolta con relativa facilità. Ma il conflitto è politico, con queste ragioni a monte.
Quali sono gli interessi delle oligarchie che si scontrano in questo caso?
È in gioco il potere nei rispettivi Paesi e la possibilità di gestire i confini. La Cambogia, infatti, ha confini estremamente porosi sia con la Thailandia sia con il Vietnam, dai quali passa veramente di tutto. Chi ha il governo, chi detiene il potere, gestisce questi confini in entrata e in uscita. A ridosso dei confini cambogiani ci sono una serie di casinò, che in Cambogia sono tollerati e sono motivo di guadagni legati al gioco e al riciclaggio.
Basta che il governo thailandese minacci una chiusura, un qualsiasi dispetto, un giro di vite su certi traffici, per far reagire la parte avversa, anche magari con una “semplice” fuga di notizie. In Cambogia, intanto, sta avvenendo una repressione di tutto il business online, che comprende l’azzardo e le truffe. Ci sono palazzi interi con gente messa a maneggiare con i software per truffare online.
Perché è importante questo business?
Non so in questa indagine quanto si possa arrivare in alto, perché la gerarchia che comanda tutto ciò porta veramente in alto in Cambogia: tutto il governo attinge a piene mani da questo business illegale.
Cambogia e Thailandia hanno Paesi stranieri di riferimento. C’è qualcuno che influisce su di loro?
La Cina è un punto di riferimento per la Cambogia, mentre la Thailandia è sotto l’influenza statunitense, però in modo molto più mediato, non così dichiarato. Lo scontro tra loro, però, non è indotto da influenze esterne.
Ci sono possibilità di mediare il conflitto?
È auspicabile che la Cina possa mediare, oppure che lo faccia la Malesia, i Paesi del Sud-est asiatico, la stessa ONU: è bene che intervengano quanto prima in un conflitto che rimarrà comunque circoscritto a quell’area. Non penso che si estenderà geograficamente oltre: non ne vale la pena, non interessa a nessuno. Altrimenti si assisterebbe a un’escalation pari a quella dell’Ucraina o di Gaza, un conflitto infinito nel quale alla fine non si capisce più da che parte sta la verità.
Chi ha iniziato lo scontro, chi ha provocato tra i due Paesi?
Non si riesce a capire. Si rimpallano le colpe. C’è la sensazione che i primi colpi siano stati ad opera della Cambogia, perché i morti iniziali sono della Thailandia.
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