Lunedì scorso 6 giugno, in seconda o terza serata, a seconda di come si calcolino le fasce orarie della Tv, concretamente alle 23.15, su Rai3 è andato in onda il sesto e ultimo appuntamento del programma Dilemmi, ideato e condotto dallo scrittore Gianrico Carofiglio. Il tema affrontato, secondo il classico approccio dilemmatico dei pro e contro, era quello della legalizzazione della cannabis. Interlocutori di Carofiglio erano Fabio Cantelli Annibaldi, vicepresidente del Gruppo Abele e l’ex magistrato Gherardo Colombo. Per inciso, tutti e tre nel corso degli anni hanno sviluppato una nuova e comune professionalità: quella dello scrittore. Abili narratori, capaci di analisi molto lucide, ma nello stesso tempo sensibili alla profonda risonanza emotiva che un tema come questo suscita sempre nella gente.
Carofiglio e Colombo condividevano anche la comune professione di magistrati, mentre Fabio Cantelli Annibaldi ha un profilo professionale totalmente diverso, di stampo decisamente più giornalistico. È stato capoufficio stampa di San Patrignano, è approdato successivamente al Gruppo Abele, di cui è tuttora vicepresidente, cura la comunicazione di don Luigi Ciotti e ha diretto il mensile Narcomafie. Il suo libro più noto è certamente Sanpa, madre amorosa e crudele.
L’approccio dilemmatico all’uso della cannabis non riguarda certamente il suo impiego terapeutico.
In Italia l’utilizzo della cannabis terapeutica è sancito dal “Testo Unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope”. Sono trascorsi oltre 15 anni da quando il ministero della Salute ha riconosciuto l’uso terapeutico dei cannabinoidi, soprattutto per la terapia del dolore, ma anche per il trattamento di altre patologie, riduce ad esempio il dolore causato dagli spasmi dei malati di Sla, stimola l’appetito di chi è sottoposto a chemioterapia. Viene utilizzata anche come antiepilettico nei casi di epilessia farmaco-resistente. Secondo la legge i prodotti a base di cannabinoidi possono essere importati dai Paesi legittimati oppure essere prodotti dallo Stabilimento chimico farmaceutico militare di Firenze. In ogni caso la loro vendita è affidata alle farmacie e agli organi autorizzati, previa prescrizione medica. Il dibattito sulla cannabis terapeutica è stato quindi affrontato e chiarito fin dal lontano 2007: il medico valuta le condizioni del paziente e decide, d’accordo con lui, la prescrizione della cannabis terapeutica, considerata a tutti gli effetti come un farmaco, da assumere sotto controllo medico.
La questione che evoca un dibattito ben più acceso è quella della legalizzazione dell’uso ricreativo della cannabis e la relativa depenalizzazione. Nella trasmissione dell’altra sera, volendo affrontare la legalizzazione dell’uso ricreativo della cannabis secondo l’approccio dilemmatico dei pro e contro, i sostenitori di questa scelta hanno dichiarato che i principali benefici che deriverebbero della legalizzazione della cannabis sarebbero l’eliminazione degli enormi profitti che la criminalità organizzata trae dal traffico delle cosiddette droghe leggere, il recupero di cospicui introiti statali con la possibilità di destinarli a usi sociali, la liberazione delle risorse giudiziarie e di polizia attualmente occupate dalla repressione dei reati legati alle droghe leggere. Per loro il proibizionismo attuale non è riuscito a contrastare il traffico e lo spaccio di cannabis, producendo solo repressione e affollamento carcerario. Sull’altro versante, gli oppositori alla legalizzazione della cannabis hanno cercato di evidenziare come il consumo di droghe leggere possa aumentare le probabilità di consumare in futuro droghe pesanti come cocaina o eroina. Il rischio esisterebbe soprattutto nell’adolescenza, quando il cervello è più sensibile agli effetti delle sostanze psicotrope, dal momento che si tratta comunque di una sostanza che crea dipendenza e comporta rischi per la salute a medio termine.
La questione introdotta da Carofiglio si colloca anche nel quadro del dibattito su un disegno di legge di iniziativa parlamentare, approvato nel 2017, alla Camera dei deputati e ora al vaglio del Senato, dove sostenitori e oppositori si affrontano con una logica meno strutturata del format televisivo, ma certamente non meno intensa e vivace. La sensazione prodotta dal programma però è stata quella di chi sembrava incline a far prevalere le ragioni del Sì, utilizzando tutti gli artifici del dibattito televisivo per mantenere in sordina le ragioni del No.
Tutti i relatori hanno potuto esprimere il proprio punto di vista, ma la terzietà del moderatore è apparsa decisamente sottotono, mentre le argomentazioni a favore del Sì hanno creato un asse in cui i magistrati sembravano aver avuto decisamente le meglio per opporre il proprio giudizio favorevole alla legalizzazione della cannabis, rispetto alla narrazione delle esperienze reali emerse dalla esperienza vissuta in prima persona in chi è stato testimone diretto di situazioni complesse come quella di san Patrignano, del gruppo Abele e Don Ciotti. La sofferenza personale e familiare di chi ha fatto uso delle droghe sembrava scivolare via rispetto alla argomentazione più di tipo giudiziario e alle implicazioni legate al profitto dei narcotrafficanti.
Resta comunque singolare che la canzone scelta per accompagnare e concludere la trasmissione sia stata quella di Gaber intitolata per l’appunto: Dilemmi. Una canzone che termina con un sapore di morte e che dice: “E rifiutarono decisamente le nostre idee di libertà in amore… A questa scelta non si seppero adattare… So soltanto che loro si diedero la morte”. Ecco, per chi resiste con tenacia, con prudenza all’uso e spesso all’abuso delle droghe, compresa la cannabis ad uso ricreativo, lo spettro è sempre quello che alla fine la storia finisca male, che non ci si sappia più adattare neppure alla libertà e all’amore e si preferisca semplicemente la morte. È proprio questo il corno del dilemma che vorremmo evitare.
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