Il decreto voluto dal governo che indicava la cannabis light, ovvero quella che contiene una quantità ridotta da THC (la sostanza psicotropa) a favore di una maggiore concentrazione di CBD (il cui effetto è solamente rilassante), come sostanza stupefacente è stato bloccato nella giornata di oggi dal Tar del Lazio. Di fatto, il blocco presupporrà, in questa fase, solamente un temporaneo ritardo nell’entrata in vigore, che sarà discussa nel corso di un’udienza fissata dai giudizi amministrativi per il 24 ottobre. Il decreto era stato varato il 7 agosto ed aveva causato, fin da subito, numerose opposizioni.
Tra i principali antagonisti del blocco alla vendita della cannabis light c’era anche l’associazione Imprenditori Canapa Italia (Ici), che hanno deciso di presentare ricorso nel tribunale laziale, che ha accolto la loro richiesta bloccandone l’entrata in vigore. I produttori e venditori, in particolare, lamentavano il fatto che il decreto ne avrebbe reso la vendita impossibile, portando parecchie attività a chiudere battenti, il tutto senza neppure ascoltare il parare del Consiglio superiore della sanità. “Il ricorso inoltre contesta”, avevano dichiarato i venditori di cannabis light, “in via generale la decisione di ricondurre il cannabidiolo tra le sostanze stupefacenti o psicotrope; decisione che si pone in contrasto con la giurisprudenza comunitaria. Si sono registrate ispezioni e accertamenti in danno degli operatori economici ai quali è stata contestata la violazione della legge sugli stupefacenti ed è stato disposto il sequestro”.
Cosa dice il governo sulla cannabis light
Insomma, il Tar avrebbe riconosciuto come valide le contestazioni al decreto contro la cannabis light avanzate dalla Ici, fissando un’udienza dei giudici amministrativi per definire correttamente il futuro della commercializzazione di CBD. Secondo il governo, invece, la molecola rilassante andrebbe classificata all’interno della tabella dei medicinali allegata al testo unico sulle droghe, rendendone illecita la vendita non farmacologica, ovvero senza prescrizione medica e all’esterno delle farmacie. Non si sarebbe, insomma, trattato di un divieto completo alla vendita di cannabis light, ma piuttosto di una regolamentazione alla stessa, prevedendola nell’ipotesi di diverse malattie (specialmente l’epilessia).