Il governo Netanyahu ripropone la sua discussa riforma della giustizia e le piazze in Israele tornano a riempirsi. Questa volta però le forze dell’ordine hanno un atteggiamento diverso, tanto che a Tel Aviv sono state arrestate 77 persone che avevano partecipato alla manifestazione. Ora poi che la legge che toglie potere alla Corte suprema, lasciando di fatto senza controllo Governo e pubblica amministrazione, è stata approvata in prima lettura la tensione è ancora più alta. Proprio in questi giorni si è dimesso il capo della Polizia di Tel Aviv, che ha rifiutato il nuovo incarico di responsabile della Scuola di Polizia sostenendo di essere stato spostato perché non voleva “rompere le ossa” ai manifestanti.
L’iter della riforma, comunque, non si è concluso, occorrono altre due letture. E Netanyahu ha promesso che introdurrà delle modifiche. Bisognerà vedere se saranno sufficienti a placare gli animi: per le opposizioni, sostenute anche da una parte dell’elettorato di Netanyahu, è in gioco la democrazia stessa. Anche perché, spiega Filippo Landi, già corrispondente Rai a Gerusalemme e poi inviato di Tg1 Esteri, Biden e la comunità ebraica americana hanno già dichiarato la loro contrarietà alla riforma. Un elemento di cui bisognerà tenere conto.
A che punto è l’iter della tanto discussa riforma della giustizia voluta dal governo Netanyahu?
L’approvazione della legge, per ora nella versione osteggiata dalle opposizioni, è avvenuta in prima lettura. Il testo dovrebbe essere rivisto in commissione Giustizia perché Netanyahu ha promesso qualche modifica.
Cosa dice la legge così come è stata approvata finora?
Il Governo ha deciso di attuare la riforma della giustizia proponendo alla Knesset l’approvazione della prima bozza, passata con 64 voti su 120, con il consenso della maggioranza che l’esecutivo di centrodestra ha in parlamento. È una legge che richiede tre letture, essendo una legge fondamentale. Netanyahu ha promesso modifiche alle opposizioni: bisogna vedere di cosa si tratterà. Per ora è stato approvato un testo che prevede un indebolimento drastico dei poteri della Corte suprema, elimina la possibilità di giudicare irragionevoli i provvedimenti del Governo, di singoli ministri o di ufficiali dello Stato e quindi di obbligare il parlamento a modificarli. Gli oppositori dicono che così Governo e alte cariche della pubblica amministrazione diventano liberi di agire indipendentemente dalle leggi. Verrebbe indebolita la responsabilità degli uffici: non ci sarebbe più l’abuso d’ufficio. Il Governo sostiene che così sarebbe più spedita l’amministrazione dello Stato.
Come ha reagito l’opinione pubblica alla prima approvazione?
In trenta città, in particolare ad Haifa, Gerusalemme e Tel Aviv, il mondo degli oppositori, che non è solo di sinistra, perché comprende una parte del centro e della destra israeliana, è sceso in strada. Solo a Tel Aviv 200mila persone. E c’è stato un nuovo atteggiamento della Polizia, intervenuta per allontanare i manifestanti usando, per la prima volta, anche i cannoni d’acqua. Questo mostra che il ministero degli Interni intende intervenire sui manifestanti in modo diverso rispetto a prima. Il capo della Polizia di Tel Aviv è stato costretto ad andarsene: si era rifiutato, ha scritto nella sua lettera di dimissioni, “di rompere le ossa ai dimostranti”, come gli veniva richiesto. Per questo volevano spostarlo alla guida della Scuola di Polizia: ha lasciato dicendo che trovava umiliante questo trasferimento e che si rendeva conto di pagare la decisione di non aggredire i dimostranti.
Ma i manifestanti si sono resi responsabili di atti di vandalismo o comunque violenti?
Mai, non c’è stato nessun atto violento in questi mesi, se non il blocco della circolazione della circonvallazione di Tel Aviv, dove nell’ultima manifestazione gli agenti hanno arrestato 77 persone.
La versione attuale della legge approvata è quella originale, a causa della quale è scaturita la protesta, ma fino dove vuole spingersi Netanyhau nelle modifiche da concedere alle opposizioni?
Su questo non ci sono trattative con le opposizioni, che invece continuano a ribadire di ritenere la legge un “attentato alla democrazia israeliana”. Netanyahu, prima dell’approvazione, aveva ipotizzato cambiamenti, in particolare per quanto riguarda i poteri della Corte suprema, che con alcuni emendamenti rimarrebbero in parte. Bisogna vedere quali saranno questi emendamenti. Netanyahu vuole comunque avere più peso nella nomina della Corte suprema.
Adesso non la nomina il Governo?
No. Non nei termini che Netanyahu vorrebbe. Con la riforma, invece, potrebbe avvenire attraverso la commissione Giustizia, in cui si ripropone la maggioranza che c’è nel parlamento. In questo modo il peso del Governo aumenterebbe enormemente. Questi sono i grandi nodi. La piazza ha fatto capire che non si è disposti a qualsiasi formale cambiamento.
La protesta prosegue da mesi, coinvolgendo una parte dell’elettorato di Netanyahu. Cosa rischia il suo Governo?
Nell’elettorato che storicamente ha appoggiato Netanyahu ci sono forti resistenze soprattutto a livello della burocrazia statale. Anche gli uomini d’ordine, di legge, sono profondamente perplessi davanti al controllo, da parte del Governo, delle funzioni dei giudici. Sul piano elettorale i sondaggi delle settimane scorse dicevano che in caso di votazione anticipata Netanyahu avrebbe perso la maggioranza, tanto è vero che il Governo aveva sospeso la riforma per poi ripresentarla dopo aver fatto decantare la situazione. Sull’altro fronte c’è la volontà della destra, in particolare Ben Gvir e Smotrich, di dimostrare di essere la vera guida politica di Israele in questo momento.
Se la legge dovesse essere approvata in una versione che non accontenta la piazza, cosa potrebbe succedere, altre manifestazioni? O addirittura la situazione potrebbe degenerare?
Se la legge non conterrà modifiche sostanziali le proteste di piazza continueranno e saranno imponenti. Se cambia l’atteggiamento dei vertici della Polizia, perché vengono emarginati coloro che si erano rifiutati di usare le maniere forti, se si passasse da 70 fermi a 700, se ci fossero feriti, lo scontro di piazza potrebbe essere il volano di una situazione critica. Finora non ci sono stati elementi che potessero far immaginare una guerra civile. Ma questo è dovuto all’atteggiamento dei capi della Polizia locale. Anche gli attentati che ci sono stati a Tel Aviv sono stati vissuti diversamente dal solito. In una delle ultime proteste in piazza la manifestazione si è svolta nonostante il giorno prima vi fosse stato un attentato da parte di miliziani palestinesi. È stata preceduta da un minuto di silenzio in ricordo della persona rimasta uccisa. La paura degli attentati non sembra più capace di condizionare l’opinione pubblica. Un elemento, anche politico, di estremo interesse.
Nella formazione di Governo c’è qualche crepa, qualcuno che può metterlo in minoranza?
Nella storia parlamentare Governi con maggioranze limitate (Bennet, Lapid, lo stesso Netanyahu) sono venuti meno quando uno o due dei parlamentari hanno rinunciato a dare il loro voto ed è subentrata la necessità di un voto anticipato. Se nel Likud alcune persone esprimessero malcontento per questa deriva di destra estrema, questo potrebbe incrinare la maggioranza.
Non ci sono avvisaglie di questo?
No, se non nella paura espressa da Netanyahu nei mesi scorsi di giungere allo scontro e procedendo quindi al congelamento della riforma. Che, guarda caso, viene riproposta in pieno periodo estivo. Si conta sulla minore attenzione della gente: anche in Israele si va in ferie. L’ultimo elemento da considerare è che la comunità ebraica americana e lo stesso presidente Biden hanno espresso fortissime critiche alla legge sulla giustizia che quindi, anche per non inimicarsi questa parte del mondo ebraico, dovrebbe essere approvata con qualche emendamento. Altrimenti potrebbe essere un suicidio politico.
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