Tensione tra milizie in Tripolitania, mentre la Cirenaica si dà agli affari, attirando Turchia e Italia. Solo gli americani hanno i soldi per unire la Libia
La Tripolitania alle prese con una guerra tra le milizie che non si placa, la Cirenaica diventata un punto di riferimento per gli affari, anche per le imprese italiane. Nella Libia divisa, spiega Michela Mercuri, docente di Cultura, storia e società dei Paesi musulmani all’Università di Padova ed esperta della Libia, l’Italia, con le sue aziende e con il Piano Mattei, ormai non guarda più solo al Governo di unità nazionale (GNU) di Tripoli, ma anche al “regno” degli Haftar in Cirenaica, al quale si stanno rivolgendo pure i turchi, da sempre sostenitori, invece, del GNU di Dbeibah. E non è un caso che Giorgia Meloni e Recep Erdogan si siano incontrati nei mesi scorsi per parlare anche di Libia.
A smuovere le acque in vista di una rappacificazione tra Est e Ovest (dove il governo di Dbeibah rimane in bilico in virtù delle tensioni fra le milizie) potrebbero essere, comunque, gli USA, pronti a scongelare ingenti fondi destinati al Paese africano solo in caso, però, di dialogo tra le parti.
L’accordo tra il GNU di Dbeibah e la milizia della Rada, al quale hanno contribuito i turchi, sembra già vacillare. Quali sono le forze che si contrappongono in Tripolitania e quali interessi rappresentano?
C’è un forte rimpasto all’interno dell’apparato miliziano. Dbeibah qualche mese fa aveva deciso di epurare le milizie che stavano acquisendo troppo potere, sottraendolo alla sua autorità. Tra queste c’è la Rada, che ha il controllo di molti centri di detenzione e dell’aeroporto di Mitiga. Si era arrivati a un fragile accordo mediato anche dalla Turchia, che adesso sembra non reggere più: le condizioni poste alla Rada, in questo momento, non sarebbero considerate accettabili. Si parla, tra l’altro, della cessione al governo centrale dell’aeroporto Mitiga di Tripoli.
Quali sono gli altri protagonisti della lotta fra le milizie?
C’è la Brigata 444, che sostiene Dbeibah e che potrebbe contrapporsi alla Rada creando i presupposti per una guerra civile. Ma soprattutto la milizia di Misurata, una delle più strutturate dell’Ovest libico, sempre vicina a Dbeibah. Se lo scenario di scontro fra le milizie dovesse avverarsi sarebbe veramente il caos: ci sarebbero gravi conseguenze in termini di sicurezza, stabilità e flussi migratori.
A inizio settembre il nipote di Dbeibah e il figlio di Haftar si sono incontrati a Roma sotto l’egida degli USA. Hanno discusso anche delle tensioni a Tripoli? In che modo Haftar potrebbe contribuire a ridurle?
Non sarà certo Haftar ad allentare le tensioni in Tripolitania. L’incontro in Italia è stato voluto dagli USA e Roma è considerata dall’amministrazione Trump un partner essenziale. A smorzare le tensioni in Libia potrebbero essere gli stessi USA: in caso di rappacificazione tra le varie fazioni dell’Ovest, ma anche di un accordo tra Est e Ovest, scongelerebbero una somma importante. E sappiamo bene che in Libia se l’arrivo dei soldi è condizionato a un tentativo di pacificazione del quadro interno, è molto più probabile che questo accada.
La Turchia è particolarmente attiva nello scenario libico, come si sta muovendo e con quali obiettivi?
La Turchia è con un piede in due regioni: in Tripolitania ha stretto molti accordi nell’ambito delle costruzioni, delle infrastrutture e delle zone economiche esclusive marittime. Accordi che vuole tenere in piedi. Non per niente cerca di mediare per una stabilizzazione a Tripoli. Dall’altra parte sa bene di dover guardare anche all’Est. Esponenti della famiglia Haftar e del governo locale hanno incontrato più volte esponenti del governo turco, con i quali stanno stringendo accordi altrettanto importanti, sempre riguardo a costruzioni e zone esclusive, creando, tra l’altro, qualche problema con la Grecia. In questa parte della Libia la situazione è più tranquilla e si fanno buoni affari.
Anche gli USA hanno ripreso a interessarsi alla Libia, in che modo?
Ci sono state diverse visite di Saddam Haftar negli USA e qualche mese fa navi statunitensi sono approdate nel porto di Bengasi. Più che al business l’America guarda alla presenza nell’Est libico della Russia, che dopo la caduta di Assad in Siria è stata cacciata dalle basi di Latakia e Tartus e ha portato armi e bagagli in Cirenaica. Nell’area di Seba, nel deserto, ci sarebbero anche missili puntati verso l’Italia. Gli USA, per contrastare la presenza russa e per proiettarsi nel Sahel e nell’Africa continentale, guardano con un occhio di riguardo alla Libia e hanno scelto il clan Haftar come interlocutore.
Un’azienda italiana dovrà operare una revisione della rete elettrica su incarico del governo di Bengasi. Anche l’Italia, finora particolarmente vicina a Tripoli, sta intensificando i rapporti con Haftar?
L’Italia ha capito che per rimanere in Libia deve dialogare con Haftar. E per averlo come interlocutore deve passare dalla Turchia. Infatti, Giorgia Meloni ad aprile si è incontrata con Erdogan, parlando tra l’altro di una partnership tra Leonardo e la Baykar per la costruzione di droni, anche per Haftar. Quindi sta cercando di allacciare rapporti con la Cirenaica, lo sta facendo con il Piano Mattei e con l’addestramento di soldati dell’Esercito nazionale libico in Italia. Di recente a Bengasi si è svolto anche un business forum italo-libico.
L’Est è un mercato anche per altre aziende italiane?
Molte società italiane hanno siglato intese per realizzare diversi progetti, sulle infrastrutture, ma non solo. Gli imprenditori italiani ormai frequentano Bengasi anche autonomamente per affari nei settori più svariati, tra i quali l’agroalimentare e il farmaceutico. Le imprese e il governo italiano con il Piano Mattei stanno mettendo in atto un tentativo di avvicinarsi ad Haftar. Anche la Cina ha stretto un accordo per portare in Cirenaica il 5G con la prospettiva di estenderlo dalla Libia a tutta l’Africa.
Qual è la prospettiva verso cui ci si sta muovendo? Haftar allargherà la sua zona di influenza anche all’Ovest?
Difficile rispondere. In questo momento Haftar non allargherà la sua influenza all’Ovest, nel quale le dinamiche sono imprevedibili. Con l’Ovest potrebbe cercare un accordo laddove ci dovessero essere importanti fondi in arrivo condizionati proprio al dialogo fra le parti.
Dbeibah verrà sostituito?
Sulla sostituzione di Dbeibah molto dipenderà da come reagiranno la Rada e le milizie a lui vicine. A differenza di altri momenti c’è una forte pressione internazionale, anche sulle milizie, da parte della Turchia e degli USA, per rendere l’Ovest controllabile: la stabilità della Libia interessa a tutti. Le milizie, però, sono imprevedibili.
(Paolo Rossetti)
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