Nel centrodestra si continua a discutere delle candidature per le elezioni regionali in Veneto e dellla possibile lista di Luca Zaia
Se Luca Zaia insisterà nel presentare la sua lista, il difficile equilibrio tra i fratelli e i leghisti potrebbe saltare definitivamente. Con ripercussioni che dal Veneto potrebbero agitare anche la coalizione di governo.
La partita delle regionali venete per molti versi è la cartina di tornasole per testare il ph della maggioranza, sempre in bilico tra l’acidità dei rapporti tra Salvini, Meloni e Tajani e la basicità di una semplice constatazione: se si dovesse mandare tutto all’aria adesso, non è detto che in una prossima tornata elettorale le sorti sarebbero identiche. Anzi.
Partiamo dalla lista del Governatore uscente. I sondaggi dicono che se andasse al voto potrebbe raccogliere il 40-45%, vista la grande popolarità conquistata in tre mandati consecutivi di governo regionale. Nell’ultimo incassò il 76,79% dei voti, e la sua lista “Zaia Presidente” arrivò al 44%, distaccando quella “Lega per Salvini premier” di 27 punti abbondanti. Per chiarire la situazione: alle Politiche del 2022 Fratelli d’Italia fece il 32,7%, la Lega il 14,5% e Forza Italia il 7%.
Non si discute sul colore della coalizione vincente, ma al suo interno si discute molto sull’opportunità di ribilanciare le poltrone, e in questo senso una lista Zaia potrebbe scompaginare ogni tentativo di compromesso. Si tenta una mediazione, ma due vertici romani tra i leader dei tre partiti sono già andati a vuoto, e quella che sembra ormai una vera sfida tra Lega e Fratelli d’Italia per piazzare un proprio candidato capolista di coalizione resta aperta.
Si sa che i fratelli hanno imposto un aut-aut: se dovesse presentarsi la lista-Zaia, loro imporrebbero un proprio candidato, che con la forza dei propri numeri potrebbe vincere e portare il Veneto, storico feudo leghista, nelle mani di FdI (sarebbe una grande conquista, visto che FdI non vanta alcun Governatore al nord). Se al contrario Salvini riuscisse a sminare la civica del governatore uscente, Meloni potrebbe anche accettare di lasciare la Regione a un presidente leghista, per buona pace dell’intera coalizione.
In questo caso, si parla di Alberto Stefani (padovano classe ’92), deputato leghista dal 2018, segretario della Liga Veneta per Salvini Premier e dal 2024 vicesegretario federale. Un vero golden boy. Lui si dice tranquillissimo e nel frattempo mette in agenda una serie di incontri, tra società civile e imprese.
Se invece la lista Zaia prenderà vita, FdI potrebbe schierare un suo candidato, come il senatore veneziano Raffaele Speranzon o il segretario regionale Luca De Carlo. Più defilata, per chiara pochezza di numeri, Forza Italia, che più volte ha già indicato l’ex sindaco veronese Flavio Tosi quale proprio candidato.
Ma la partita è ancora aperta, e complicata. Le Regioni che andranno al voto sono sei: Campania, Marche, Puglia, Toscana, Valle D’Aosta, Veneto (ancora non si sa quando: le date le stabiliscono i singoli Governatori). In Campania sembra ci si stia affidando a improbabili sondaggi, e nelle Marche il governatore uscente di Fdi, Maurizio Acquaroli, assiste con interesse all’avviso di garanzia arrivato al suo sfidante Matteo Ricci, ma il Veneto resta comunque centrale: da qui dipendono le altre scelte.
Resta aperta anche la spinosa questione del ricollocamento “compensativo” per Zaia: come succede nel commercio, si tratta di riconoscere all’uscente un dovuto risarcimento, una quotazione per l'”avviamento”. Per Zaia si parla di tutto e il contrario, dalla poltrona di sindaco a Venezia a un ministero “di peso” (si parla anche della sua sostituzione a Piantedosi). Lui si smarca e non chiarisce.
Si continua a trattare, insomma, soprattutto sottotraccia, nell’attesa della prossima riunione di vertice, a Roma, la prossima settimana.
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