Nordio che vuole introdurre modifiche per evitare possibili abusi. I pm che invece chiedono di mantenere così com’è uno strumento che serve alle indagini, soprattutto quelle per mafia. Le intercettazioni e il loro utilizzo sono al centro del dibattito politico, dopo la volontà espressa dal ministro della Giustizia di mettere mano alla normativa.
Un tema complesso sul quale abbiamo chiesto un’opinione a Frank Cimini, storico cronista di giudiziaria, già al Manifesto, Mattino, Apcom, Tmnews e attualmente autore del blog giustiziami.it: “Mi rendo conto che non se ne possa fare a meno, però vanno controllate, per qualsiasi reato compresa mafia e terrorismo”.
Perché le intercettazioni sono state subito una priorità per Nordio? È un’emergenza vera?
L’emergenza c’è da tempo, da prima di Carlo Nordio. Il problema è che non mi sembra ci sia la volontà politica di risolverla. Anche perché Nordio è contraddittorio. Da un lato le vuole limitare, dall’altro vuole utilizzare di più le cosiddette intercettazioni preventive che si possono fare senza autorizzazione della magistratura. Anche perché sta in una coalizione in cui sulla giustizia ci sono comportamenti e idee non diverse ma opposte. Fratelli d’Italia ha una concezione, Forza Italia un’altra. Lo stesso Nordio all’inizio non era sostenuto da Berlusconi che preferiva la Casellati. Non sono convinto che Nordio riesca a fare tutta la legislatura da ministro, anche perché Lega e Forza Italia non sono d’accordo con lui.
Ma è possibile trovare una soluzione?
Bisogna tenere conto anche di un’altra cosa: con l’arresto di Messina Denaro la Meloni si è precipitata a Palermo, lei non vuole scontri con i magistrati e la maggior parte dei magistrati, dei pm non vuole sentir parlare di modifiche alle intercettazioni. È una questione ingarbugliata anche dal punto di vista politico e questo rende difficile trovare delle soluzioni.
Dall’alto della sua esperienza di cronista giudiziario qual è il problema concreto, che ha toccato con mano scrivendo di certe vicende?
Il problema è molto semplice: queste intercettazioni vengono messe praticamente per esteso nelle ordinanze, le ordinanze diventano pubbliche perché sono a disposizione delle parti e la Procura, ormai è diventata una prassi, fa il processo sui giornali. Sputtanando l’indagato, che se poi viene assolto intanto è stato sputtanato. E poi è vero che in Italia si intercetta troppo. È vero che qui si può intercettare solo su disposizione del magistrato mentre in altri Paesi può intercettare la Polizia, possono intercettare i Servizi, ma si intercetta troppo soprattutto quando i gip non fanno il loro mestiere, soprattutto quando devono concedere le proroghe delle intercettazioni, in particolare sulla droga. Praticamente è una proroga infinita: siccome l’indagine è delicata e complessa, si va avanti con questa “droga parlata” che poi alla fine non porta neanche a delle condanne. Bisognerebbe limitarle in generale.
C’è poi tutto il tema di quali contenuti vengono rilevati.
È chiaro che si può intercettare per corruzione, però non è che in ogni indagine di questo tipo bisogna fare chilometri di intercettazioni. E anche su terrorismo e mafia, che sembrano questioni intoccabili, non è che si può intercettare per anni. Spesso si intercetta per tutte le indagini preliminari e succede che da un punto di vista processuale non si arriva a niente. Poi intanto sono stati acquisiti dati irrilevanti penalmente che pesano però sull’immagine degli indagati e addirittura su persone che non sono indagate. Diventano notizie di dominio pubblico. Mi rendo conto che da queste intercettazioni spesso emergono notizie che hanno rilevanza politica e giornalistica e vengono pubblicate, però il problema è l’origine di questa cosa. Vengono pubblicate in modo non regolare informazioni che dovevano restare segrete.
Non basterebbe cambiare qualcosa non nelle intercettazioni in quanto tali ma nella loro pubblicazione?
C’è molto da cambiare, non c’è solo il problema della pubblicazione. Le intercettazioni sono troppe. Questo Paese vive dal punto di vista politico e giudiziario in emergenza da cinquant’anni. La prima scorciatoia sono stati i pentiti, poi le intercettazioni. Qui le indagini vecchio stampo, fatte dal maresciallo, pedinamenti, controlli, praticamente non esistono più. La storia giudiziaria italiana da cinquant’anni è piena di scorciatoie. Su un fenomeno come il terrorismo la politica, invece di occuparsene come fenomeno sociale, ha lasciato che fosse considerato solo come fenomeno criminale, delegando tutto alla magistratura. La politica ha fatto del male a se stessa, non solo in questo caso: la magistratura ha acquisito un potere enorme che usa ancora.
È anche vero che siamo in una società in cui la comunicazione è tutta o quasi elettronica.
Sì, ma bisogna porsi dei problemi. C’è ad esempio la storia del trojan. Si è avviata una riflessione da parte di tecnici che sono stati ascoltati in Parlamento. Hanno detto di fare attenzione perché il trojan a un certo punto è incontrollabile: non solo prende tutto quello che può, ma ci può essere un uso che non lascia traccia: può emettere mail, comunicazioni, all’insaputa del titolare dello smartphone. Quindi può servire a costruire prove false. Lo hanno detto degli ingegneri informatici che sono stati sentiti avvertendo della pericolosità di questo strumento.
(Paolo Rossetti)
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