CASO SCHWAZER/ La tv Svizzera italiana e il cattivo giornalismo: a pensar male…

- Nando Sanvito

Una occasione persa per fare comunicazione indipendente da una Tv pubblica con tanto di  morale fatta agli italiani e nessuna inchiesta scomoda sulle grane proprie

alex_schwazer_2_lapresse_2018 Alex Schwazer (Lapresse)

La Corte svizzera dovrà pronunciarsi sul caso Schwazer, ma per ora dalla Confederazione elvetica ci si deve accontentare della Domenica Sportiva della Radiotelevisione Svizzera andata in onda qualche giorno fa. Un’ora di programma con un titolo di quelli che metterebbero in croce chi fa comunicazione: “Cosa c’è dietro il caso Schwazer?”. Uno si immagina per forza quelle inchieste giornalistiche alla Hajo Seppelt della tedesca ARD o più modestamente il nostro REPORT della RAI, dove si portano a galla retroscena inediti o denunce scomode, ma la Domenica Sportiva della RSI (come quella di qualsiasi altro Paese, compreso il nostro) ha vocazione diversa: è un contenitore non adatto a questo tipo di indagine. Semmai può fare da divulgatrice di un tema d’attualità di modo che il suo pubblico possa essere messo nelle condizioni di capire quali siano i termini della questione. Pur dimenticando dunque il titolo, le premesse di un prodotto di qualità ci sarebbero pure state, visto che l’inviata del programma correttamente ha raccolto le testimonianze di alcune parti in causa: Alex Schwazer e il suo avvocato, il d.g. della WADA Olivier Niggli e il presidente WA Sebastian Coe, seppure di quest’ultimo si son dovuti accontentare delle parole dette in conferenza stampa per via del silenzio coi media autoimpostosi da allora dal boss della ex IAAF.

Poi però la valutazione in studio di queste testimonianze è stata affidata a un giornalista italiano (Pierangelo Molinaro) critico col giudice Walter Pelino e totalmente schierato con ‘l’Ente’ o l’Organo’ come chiama lui di volta in volta il TAS, la WADA o la World Athletics. Nulla da obiettare, se però accanto a lui in studio ci fosse stato il contraltare di un esperto, un addetto ai lavori o un giornalista schierato dalla parte del giudice, dell’atleta e del suo allenatore. E invece no! Come se non bastasse, ad indirizzare la discussione verso la sudditanza ‘all’Ente/Organo’ c’è stato pure il parere dell’avvocato esperto di diritto Henry Peter, guarda caso dello stesso studio legale di Ross Wenzel, nel mirino del giudice di Bolzano per lo scambio di mail sul ‘complotto’. Peter ha sostenuto che l’Ordinanza del Giudice fosse viziata “da cattiva comprensione del sistema (sportivo) o da volontà di protagonismo”. Anche qui nulla da obiettare, sempre che ci fosse stato il contraltare di qualche altro esperto di diritto, per esempio chi sulle riviste specializzate ha additato a modello l’inchiesta del Giudice Pelino o semplicemente di qualcuno della Corte europea dei diritti dell’uomo di Strasburgo che sentenziò due anni fa che la Giustizia sportiva non ha il fondamentale requisito di terzietà in quanto i giudici sono nominati dalle stesse Federazioni.

In un tale scenario pretendere del buon giornalismo in quella puntata della Domenica Sportiva svizzera è un’impresa disperata. C’è però un minimo sindacale anche nella faziosità. Esigere ad esempio che l’opinionista chiamato in studio ad ‘indirizzare’ la discussione sia almeno preparato sulle 87 pagine dell’Ordinanza di Bolzano. Capisco sia più comodo citare la sentenza di un processo durato 4 ore (TAS 2016) che quella di un processo penale durato 4 anni e mezzo (Bolzano 2021) alle cui udienze l’opinionista in questione non è mai stato avvistato, ma vivaddio la decenza vuole la sua parte! Invece può succedere che alla domanda sulle menzogne del Laboratorio di Colonia circa la quantità di urina in sua custodia, il giornalista italiano – in difficoltà – cambi discorso denunciando che “insomma un carabiniere non ha la potestà di arrivare in un’altra nazione e dire ‘datemi le provette che le controllo io”. Avesse chiesto al bar lì sotto gli avrebbero spiegato che a ingiungere al Laboratorio di consegnare le provette al Carabiniere fu la Magistratura tedesca e che se non c’era nulla da nascondere in quelle provette non ci avrebbero impiegato 543 giorni a consegnarle e a tentare di spacciarne una aliquota fuori dalla catena di custodia. Per non parlare delle provette sigillate Berlinger, che – assicurano con sussiego da studio – le potevano aprire, manipolare e risigillare solo i servizi segreti russi, quando invece sarebbe bastato ascoltare o leggere quel che disse ripetutamente l’autore del rapporto McLaren commissionato dalla WADA: “chiesi al mio tecnico di aprirle e lui con un filo sottile di metallo fece davanti ai miei occhi quello che i russi fecero alle Olimpiadi di Sochi, lasciando tracce visibili solo al microscopio”.

L’apoteosi la si raggiunge però sui livelli di concentrazione di DNA sparati da Niggli: “Se l’ha detto lui c’è da credergli” commentano in studio alzando le mani. Ma come? L’avete intitolato “Cosa c’è dietro..” e vi accucciate sul davanti? Troppo difficile leggere le carte del processo? Scoprireste che Niggli ha confrontato mele con pere, cioè un valore di DNA su urina fresca con quella vecchia di 26 mesi di Schwazer. Errore grave non solo in un’aula di processo, ma anche in TV. Sui reati di frode giudiziaria, falso ideologico, diffamazione denunciati dal giudice ovviamente non abbiamo sentito neppure una parola nello studio della TV svizzera, troppo impegnata a dedicare il 25% del programma al fondamentale tema della partecipazione di Schwazer al festival di Sanremo e al fatto che in Italia i processi si fanno in TV e non nei tribunali. Peccato! Se avessero avuto più tempo si sarebbero certamente occupati del Laboratorio svizzero di Losanna accusato dal Giudice di Bolzano di produrre dati taroccati. Sì! Lo stesso Laboratorio accusato nel 2013 dal capo dell’USADA di aver coperto il doping di Armstong e nel 2015 dalla Commissione WADA di aver distrutto 67 provette ricevute dal laboratorio di Mosca. Pazienza! Se non altro le pubbliche relazioni della Tv svizzera con WADA, WA e TAS sono salve! Alla faccia degli italiani, dei loro Tribunali burloni, del buon giornalismo e del pubblico televisivo svizzero sicuramente più libero dell’Ente pubblico che lo dovrebbe informare.

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