Potrebbero essere circa mezzo milione i lavoratori ancora in attesa degli arretrati della cassa integrazione. A rivelarlo è Guglielmo Loy, presidente del Consiglio di indirizzo e vigilanza dell’Inps. Dati alla mano, le domande con causale Covid ancora da lavorare sono 226.792. “Ma il numero di lavoratori è superiore perché ogni pratica può riguardare più teste. In tutto potrebbe sfiorare il mezzo milione”, ha spiegato Loy al Corriere della Sera. Sono sicuramente molti di più dei 30mila di cui aveva parlato solo qualche giorno fa il presidente stesso dell’Inps, Pasquale Tridico. Loy ha quindi precisato che “trentamila sono quelli che ancora non hanno preso un euro”, ma il grosso è costituito da lavoratori che finora hanno ricevuto solo la prima tranche della cassa integrazione, quindi stanno aspettando il resto. Le pratiche di Cig ancora giacenti sono 51.364, 139.311 quelle per la cassa integrazione in deroga, 36.117 quelle che fanno riferimento a fonti di integrazione salariale (artigianato).
LOY VS TRIDICO: “CONFRONTO FATICOSO SU DATI”
“Molte domande sono state acquisite recentemente”, ha dichiarato al Corriere della Sera il presidente del Consiglio di indirizzo e vigilanza dell’Inps. Ma i dati dimostrano che i tempi di liquidazione della cassa integrazione sono lunghi. C’è un’impennata delle giacenze da giugno, dove c’è stato il più forte incremento di domande. Guglielmo Loy ha spiegato che le pratiche si sono accumulate perché ad un certo punto i fondi si stavano esaurendo, infatti il Governo ha più volte finanziato la cassa integrazione con vari decreti legge. L’ultimo, il decreto Agosto ora in Parlamento, ha introdotto dei criteri selettivi. Ad esempio, prevede un contributo del 18% della retribuzione per le aziende che mettono lavoratori in cassa integrazione pur non avendo subito cali di fatturato e del 9% se il calo è stato fino al 20%. Questi paletti erano necessari, ma potrebbero allungare le pratiche, osserva Loy. Quest’ultimo ha sfiorato anche il tema dell’aumento di stipendio da 62mila a 150mila euro lordi l’anno del presidente Inps. “Non è la cifra in sé a suscitare critiche, anzi. Ma il modo in cui l’aumento è stato gestito. Diciamo che dai 5 Stelle ci si sarebbe aspettati una comunicazione più trasparente e puntuale”. E paragona ciò a quanto accaduto con la cassa integrazione: “All’inizio si è promesso che i soldi sarebbero arrivati in 15 giorni e poi si è visto che non è così”. Ma duro, sull’edizione cartacea di oggi del Corriere, è stato in merito alla chiarezza sui dati: “Col presidente c’è un confronto faticoso sull’accesso ai dati, quasi fossero segreti”.