Nella giornata di lunedì sono proseguiti a Cùcuta, al confine con la Colombia, gli scontri tra venezuelani che appoggiano e tentano di far passare gli aiuti umanitari e i militari della Guardia Nacional Bolivariana. Ormai l’esercito colombiano presidia direttamente la frontiera pronto a rispondere ad eventuali sconfinamenti di quello venezuelano, ma, specie nelle vicinanze del Ponte Bolivar, gli spari continuano a infrangere una tranquillità solo apparente. Lunedì è stata anche la giornata nella quale, mentre Maduro si faceva riprendere ballando con la moglie, a Bogotà c’è stata una importante riunione dell’Osa, l’Organizzazione che raggruppa gli Stati americani, nella quale purtroppo si è respirata aria di guerra non solo per le dichiarazioni del rappresentante statunitense Mark Pompeo, ma anche per quelle di Julio Borges, rappresentante del Presidente ad interim Guaidó.
Gli aiuti, pochi, che sono potuti arrivare sono passati dal confine fluviale con il Brasile, ma quelli importantissimi dell’emergenza medica sono finiti bruciati nei camion che li trasportavano, in quello che per molti rappresenta un “casus belli” atto a giustificare l’intervento armato. E qui la diplomazia si è spaccata nuovamente, con un’Ue fortemente contraria, così come alcuni Paesi latinoamericani, Argentina in testa. Certo è che, miracolo a parte di una soluzione pacifica della questione che possa emergere dal Vaticano, cosa anticipata ai lettori del Sussidiario, risulta difficile vedere uno spiraglio di luce nel buio pesto che investe il Venezuela.
Il dittatore e la sua cricca sono, in teoria, alle corde, ma la prova di ciò si potrà vedere quando il Presidente Guaidó rientrerà, come dovrebbe, in Venezuela: se non avrà problemi ciò sarà un chiaro segnale della debolezza del regime, mentre in caso contrario ciò costituirà la scintilla per l’inizio delle ostilità. Un dato certo sulla debolezza del regime si registra anche da quella che all’inizio sembrava una semplice voce che poi alla fine è stata confermata: la responsabile del servizio penitenziario venezuelano, Iris Varela, che con la vicepresidente Delcy Rodriguez (che ha ribadito che gli aiuti alimentari sono avvelenati) costituisce il nucleo fanatico del madurismo, ha provveduto a mettere in libertà molti carcerati per “assumerli” nella Milizia popolare (i sinistri “colectivos”, truppe irregolari al servizio del regime) e metterli in azione in caso di emergenza. Ciò significa che ormai, a parte la cupola militare legata al potere anche finanziariamente e permeata dal narcotraffico, le continue defezioni che si registrano quotidianamente anche di quadri intermedi, mettono in dubbio la fedeltà dell’esercito al regime.
Lunedì, dopo una conferenza stampa nel Palazzo Presidenziale, Maduro ha di fatto bloccato due giornalisti della catena televisiva Univision, sequestrandoli per due ore: non aveva gradito le domande e sopratutto un video mostrato da uno di loro, Jorge Ramos, dove si vedevano venezuelani cercare cibo nei cassonetti dell’immondizia. Siamo quindi nel caos più totale e la situazione può cambiare in ogni momento: quello che è certo è che così non si può più andare avanti.