Mentre il mondo occidentale è stravolto da due anni di crisi pressoché ininterrotte, emerge come sempre più centrale nel futuro economico internazionale il ruolo della Cina, passata in pochi anni dall’essere tra le economie più povere ai maggiori tavoli economici mondiali, quasi al pari degli Stati Uniti. Risultati frutto di un’attenta politica che (non senza difficoltà e tentennamenti) secondo il Financial Times è sempre più vicina a raggiungere l’indipendenza monetaria: una situazione a pieno vantaggio della Cina, ma che causerebbe degli stravolgimenti importanti al sistema monetario occidentale.
Facendo un passo indietro, infatti, per quasi 30 anni l’economia del Dragone si è basata su ingenti acquisti di titoli di stato esteri, detenuti nei vari paesi mondiali e finalizzati a ridurre il tasso di cambio tra yen e dollaro USA (considerato la valuta di riferimento per il sistema monetario internazionale). Così facendo, in pochi anni il rapporto tra debito e pil della Cina è schizzato al 311% (nel 2007 era del 142%), mentre il Partito ha immesso una enorme liquidità interna usata poi per finanziare la crescita produttiva, a danno dei consumi.
Cosa succederebbe se la Cina raggiungesse la piena indipendenza monetaria
Per decenni, insomma, la Cina ha privilegiato gli investimenti (sia esteri che interni, contenendo al contempo il tasso di cambio yen/dollaro, come dicevamo prima) e la produzione ai consumi, ma ora secondo il Financial Times è pronta a cambiare di nuovo paradigma. La scelta, oltre che ovvia, è necessaria, perché il Dragone negli ultimi anni ha attraversato diverse crisi economiche importanti (si vedano voci: manifatturiero e immobiliare); mentre dopo le tensioni in Ucraina e tra Occidente e Russia è diventato chiaro che il resto del mondo non avrebbe più permesso alla Cina di continuare la sua politica espansiva sui mercati esteri. Necessaria, ma non priva di conseguenze.
Secondo il Financial Times il problema è che, mentre le scelte economiche cinesi hanno dato dei buoni frutti, le varie banche centrali mondiali hanno adeguato le politiche monetarie all’inflazione determinata (anche, ma soprattutto) dalle produzioni di massa cinesi. Con un calo della produzione e un boom di consumi, la Cina in pochi anni sarà al pari (o superiore) agli Stati Uniti e se dovesse realizzare la piena indipendenza monetaria, crollerebbe il sistema monetario interazionale. La conseguenze? Dipendono soprattutto dalle future scelte dei banchieri mondiali, ma potrebbero comportare (nello scenario peggiore) una situazione simile all’attuale, ma interamente determinata dalla Cina, che assumerebbe il ruolo economico che oggi hanno gli Stati Uniti.